D’Alema: un azzardo la scalata Unipol a Bnl

Tremonti, anche lui da Vespa: il centrosinistra non sa governare e l’Unione non ha i titoli di onestà e serietà di cui parlava Togliatti

Sabrina Cottone

Antonio Signorini

Chiamarla autocritica, visto il personaggio, forse è eccessivo. Ma Massimo D’Alema ha fatto qualche passo verso la posizione del segretario Ds Piero Fassino (in sintesi, «abbiamo sbagliato a tifare per Unipol»). «Non siamo colpevoli di nulla» aveva detto qualche giorno fa in un’intervista. Ieri ha definito «azzardata» la scalata di Unipol a Bnl e ha ammesso di aver commesso l’errore di «sottovalutare la portata delle reazioni negative».
Teatro della conversione è stata la puntata di Porta a porta in onda ieri che ha visto tra gli ospiti, oltre al presidente Ds, anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. E la coppia si è riproposta alla presentazione milanese del libro di Giovanni Floris, Monopoli, nel corso della quale D’Alema ha insistito sull’autocoscienza e ha anche aggiunto una stoccata a Luca Cordero di Montezemolo: «Penso che il presidente della Confindustria dovrebbe essere più attento a non partecipare ad aggressioni a pezzi dell’economia».
Al centro dell’attenzione naturalmente è la scalata di Unipol a Bnl: «Non spettava a noi decidere l’Opa e infatti l’ha decisa il mondo cooperativo. Però dobbiamo valutare che il progetto è stato azzardato, non ha avuto adeguate alleanze e le alleanze che ha avuto non sono state adeguate. Non aver valutato questo per tempo è un tema di riflessione». Il presidente dei Ds tiene a precisare che non si tratta di una critica all’operazione finanziaria e nemmeno al suo spirito: «Non faccio autocritica per aver pensato che il progetto del mondo delle cooperative fosse migliore di quello della banca spagnola. Ma i progetti sono forti quando hanno successo». Insomma, c’è stata un’errata valutazione tattica delle alleanze da parte di D’Alema, che non aveva nemmeno previsto la levata di scudi da parte della finanza italiana: «Ritengo il progetto valido - precisa - ma ho detto che io avevo sottovalutato le reazioni che si sono manifestate da parte del mondo economico e finanziario». E le reazioni del mondo politico alle sue parole sono soprattutto positive, come quella del portavoce di Romano Prodi Silvio Sircana, che assicura: «C’è perfetta sintonia».
Scontata la presa di distanze di D’Alema dagli immobiliaristi e anche su Giovanni Consorte non rinuncia alla critica: «I fatti che riguardano Giovanni Consorte mi toccano e mi feriscono dal punto di vista personale. Sono emersi dall’inchiesta della magistratura comportamenti non accettabili da un punto di vista etico da parte di un manager di quel valore. Non so se siano leciti o illeciti, ma sono eticamente inaccettabili. Colpiscono il rapporto di fiducia, creano stupore e amarezza nel mondo delle cooperative e della sinistra». Un’analisi che causa la presa di distanze da parte del neo presidente di Unipol. «Opinioni lecite e legittime ma noi la pensiamo diversamente» commenta aspro Pierluigi Stefanini.
Il presidente dei Ds ha anche rispolverato la madre di tutte le scalate, l’Opa su Telecom che ha avuto come protagonista Roberto Colaninno quando D’Alema era premier: «Decidemmo di essere neutrali. Gianni Agnelli mi disse che era stata una scelta coraggiosa ma che me l’avrebbero fatta pagare. Ed effettivamente...». Poi chiama in causa gli altri due protagonisti della vicenda, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi, allora ministro del Tesoro e direttore generale: «Uno è diventato presidente della Repubblica, l’altro governatore della Banca d’Italia. E io non dico di volere altrettanto, ma fucilarmi non potranno».
Tremonti, ostentatamente dialogante e accomodante, più che gettare sale nelle ferite delle intercettazioni, preferisce denunciare «la concezione del potere che ha la sinistra, o almeno una parte: il potere esteso a tutte le sfere, una concezione totalitaria, una visione primitiva». Anche Tremonti, come il premier, punta il dito contro i vantaggi fiscali delle cooperative e giudica non in linea con i principi costituzionali, l’idea delle coop che fanno speculazioni finanziarie.
Anche D’Alema ha dato una sua lettura di «sistema»: la vicenda Unipol non tocca solo la sinistra. Ma durante Porta a porta tenta smontare la tesi di una nuova Tangentopoli: «Una sciocchezza pazzesca». Nello specifico «non è vero» nemmeno quanto ipotizzato dal Foglio e cioè che i Ds avrebbero intascato una tangente da Consorte. «L’accusa cadrà e Ferrara ce ne darà atto». Sulle intercettazioni D’Alema ha detto che vorrebbe porre un freno solo alla divulgazione, rendendo più stringenti il divieto per chi le diffonde e chi le pubblica. Ha preso di mira il Giornale: «Se è il giornale di proprietà del presidente del Consiglio che usa le intercettazioni in modo illegale, questo crea ulteriori problemi». E, più in generale, si è detto preoccupato per una degenerazione del clima della campagna elettorale: «Sono preoccupato per la democrazia».
Tremonti, invece, è più preoccupato per le garanzie di governabilità del centrosinistra. E cita a sostegno del suo scetticismo il «tremendo articolo» di Romano Prodi: «Non ne faccio una questione di etica personale, ma concordo che questa classe dirigente» di centrosinistra «è incapace di governare». Il fatto è che il caso Unipol, secondo il ministro e vicepremier, è scoppiato per «la caduta della cupola di Bankitalia», dell’azione della magistratura, e di un conflitto interno all’opposizione.

Al centrosinistra non rimane nemmeno il marchio del vecchio Pci: «Togliatti diceva onestà e serietà sono i titoli della nostra diversità: avete perso i titoli». Quanto a Telecom, il vicepremier ritiene che debba essere annoverata fra le privatizzazioni «non corrette».

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