Ma Fassino e D’Alema? Dopo le polemiche che avevano coinvolto lo stesso Fassino e il presidente della Camera Fausto Bertinotti, ieri i leader della Quercia hanno inviato due lettere a Carlo Giovanardi, presidente della giunta per le Autorizzazioni della Camera (che da ieri ha iniziato l’esame delle ordinanze del gip di Roma), in cui si rimettono alla volontà del Parlamento. Così Massimo D’Alema «turbato e preoccupato» per le accuse «tanto gravi quanto palesemente infondate» e «interessato più di ogni altro all’accertamento della verità», si dice pronto a collaborare con la magistratura e a condividere ogni decisione che le Camere vorranno prendere «compreso l’accoglimento delle richieste della dottoressa Forleo». Stesse conclusioni per Piero Fassino che ribadisce la sua «assoluta estraneità a qualsiasi atto illecito o illegale» e rifiuta la definizione di «complice di un progetto criminoso di ampia portata».
Parole che il giudice Forleo «pronuncia senza averne titolo e senza dimostrarne il fondamento in alcun modo». Intanto alla polemica alimentata dal leader del Botteghino non replica il presidente della Camera, Bertinotti. Che invece invita al buon senso perché «uno scontro tra istituzioni sarebbe disastroso» e quindi a togliere di mezzo «ogni possibile motivo di conflitto nel rapporto tra magistratura e Parlamento» in quella che definisce «una fase di transizione che non deve essere inquinata da nessuna delle due parti». Invocazione che però non impedisce a Massimo Donadi (Idv) di gettare benzina sul fuoco nella querelle sulle intercettazioni: «Dopo il «no» dell’Udeur, giunge anche quello di Forza Italia». «In nome di un finto garantismo - prosegue - la politica si sta chiudendo a riccio in una sorta di autodifesa referenziale».
A stretto giro la replica di Mauro Fabris (Udeur) che accusa l’Idv di mantenere un «atteggiamento giustizialista» e difende il proprio «no» motivato dalla «necessità che la legge e le procedure siano rispettate per garantire lo stato di diritto».
Una posizione su cui Antonio Di Pietro chiama a riflettere la maggioranza affinché «non cada nella trappola di Berlusconi» intenzionato a «uniformare centrodestra e centrosinistra alla stessa logica di attacco ai magistrati» anziché alla «sottomissione alla legge a e alla giustizia». Appello fruttuoso perché in corsa arriva il «sì» di comunisti Italiani, Rifondazione, Verdi e di Sinistra Democratica con Carlo Leoni, che si dice d’accordo ma «solo per fare chiarezza di fronte all’opinione pubblica». E mentre il ministro Bersani dà il suo assenso perché «non c’è nulla da nascondere», dalla parte opposta arriva il semaforo verde di Alleanza Nazionale. Attraverso Maurizio Gasparri per cui «lo scandalo è troppo grosso per essere occultato» e Altero Matteoli, certo che il lavoro delle Giunte sarà svolto «senza pregiudizi e senza sconti», mentre La Russa ricorda «che quando si vuol bloccare la verità noi non ci stiamo e votiamo “sì“». Cerca invece di salvare capra e cavoli il democratico cristiano Maurizio Rotondi, che annuncia il «no senza se e senza ma». Ma anche perché convinto «che i dirigenti Ds non siano coinvolti nella vicenda».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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