D’Erme: «Veltroni è nostro amico»

 D’Erme: «Veltroni è nostro amico»

Claudia Passa

«Veltroni? È nostro amico...». Gongola Nunzio D’Erme, giubba verde annodata in vita e occhiali a specchio. E ha le sue ragioni: va bene che i manifestanti radunati ieri in nome del «diritto alla casa» non arrivavano a riempire un quarto di piazza del Popolo (turisti compresi) nonostante la mobilitazione di alcuni sindacati di inquilini; ma è un fatto che a sfilare accanto ai militanti di Action che avanzavano al grido di «okkupazione, requisizione» ci fossero fior di rappresentanti istituzionali. Comune, Regione, Parlamento. In prima fila dall’inizio alla fine, senza batter ciglio. Né di fronte alle invettive contro Berlusconi, contro Tremonti, contro Cofferati. Né, soprattutto, quando i no-global inneggiavano all’illegalità, con disappunto di chi era lì per manifestare per l’emergenza abitativa, e non per far politica o peggio apologia di reato.
I no-global danno i numeri. «Siamo in trentamila», hanno sparato gli organizzatori. Se così fosse sarebbe un vero miracolo, visto che il corteo è partito con forte ritardo da Porta Pia poiché alle 14, ora dell’appuntamento, i presenti erano poche decine. Poi lo stillicidio: pochi metri per volta, false partenze in attesa che qualche sparuta delegazione infoltisse il gruppo prima della marcia alla volta del centro-città. La lunga lista di adesioni s’è trasformata in un altrettanto nutrito elenco di defaillances: alla luce delle ultime okkupazioni, quando s’è capito che Action avrebbe monopolizzato la scena, molti cittadini ci hanno ripensato, per non dire della sfilza di parlamentari che - Pietro Folena a parte - hanno preferito stare alla larga.
Nunzio ma non solo. Nunzio D’Erme, ovviamente. Guido Lutrario. Simona Panzino. Ma non solo: la vera star era Sandro Medici, presidente del X municipio, osannato per la «requisizione» di 15 appartamenti sfitti a Cinecittà. «Medici senza frontiere», «Medici = La Pira»: questi gli slogan per accogliere il novello Robin Hood dell’emergenza-sfratti, che così ha commentato: «Sono un po’ turbato, ma mi aspettavo questo riscontro, sento che c’è grande consenso. Non ho violato la legge (è indagato per abuso d’ufficio, ndr). Del resto Beccaria diceva: “Non tutto ciò che è giusto è legale, non tutto ciò che è ingiusto è illegale”. La requisizione non è una soluzione, ma in momenti di emergenza...». D’Erme, dal canto suo, ha definito le okkupazioni una «forma di controllo democratico dal basso». Quanto ai rapporti col sindaco Veltroni: «Sono rapporti cordiali perché è una persona democratica. Su alcune cose la pensiamo diversamente, ma è un nostro amico...».
Insulti, mancate risse e involontarie gag. Filo conduttore? L’invettiva, spesso violenta.

Il premier il bersaglio privilegiato, assieme alle forze dell’ordine che invece con la loro presenza (gli uomini della Digos, il Reparto mobile della Polizia, l’VIII battaglione Lazio dei carabinieri, il I gruppo della Municipale) e la loro serenità nonostante gli insulti, hanno garantito che tutto si svolgesse senza «effetti collaterali», senza incidenti né risse. Qualche attimo di tensione s’è avuto davanti (...)
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