Glauco Berrettoni*
Maggio, il mese mariano, è il mese in cui, ancora una volta, il Cristianesimo ha sostituito i propri simboli e le proprie ricorrenze ad antiche festività pagane che il popolo non voleva abbandonare.
È un mese denso di ricorrenze religiose per l'antica Roma: il suo nome deriverebbe da Maia, la moglie di Vulcano, che il primo maggio veniva venerata con un sacrificio, o dal dio Maius, appellativo di Giove designante grandezza e maestà, oppure, secondo Varrone, prenderebbe il nome da a maioribus, in ricordo dell'antica divisione della città in anziani (maiores) e giovani.
Mese importante, maggio, che dedicava buona parte delle proprie solennità alla commemorazione dei defunti.
Ecco, quindi, che il primo maggio abbiamo la celebrazione dei Lari, gli spiriti degli antenati che proteggono i vivi; il 9, l'11 e il 13 maggio costituivano, invece, le Lemuria, dedicate ai morti visti come ombre vaganti che tornano la notte per tormentare i vivi, mentre, il 14, veniva celebrato il rito degli Argei, in cui si sacrificava un gruppo di fantocci, raffiguranti degli stranieri, per il bene della comunità.
Ma il mese di maggio era anche il tempo in cui, analogamente alla celtica festa di Beltane (1 maggio), Roma celebrava il ritorno della bella stagione in un clima di festività gioiosa consacrando il mese a tre dee: Bona, Flora e Maia.
Bona Dea, identificata con la greca Maia - dea che rappresentava il risveglio della primavera - è l'appellativo della divinità romana Fauna, dea della pastorizia, figlia di Fauno - antico dio della fecondità, nipote di Saturno leggendario re del Lazio - e dai lui violentata con l'inganno, sotto forma di serpente, dopo averla ubriacata.
Divinità fausta ed oracolare, caratterizzata dalla severità e dalla pudicizia, probabilmente connessa con la dea dei Marsi Angitia, Bona è connessa strettamente colla vita femminile e, per questo, ha la caratteristica di essere venerata solo dalle donne: persino il pontefice, il console ed il pretore, personalità dotate di imperium, erano tenute a uscire se il rito si celebrava nelle loro case.
Raffigurata con lo scettro, il tralcio di vite, il serpente e la scrofa, il primo maggio, cioè nelle Calende in cui erano venerati i Lari, Bona veniva celebrata dalle Vestali e dalle matronae familias più autorevoli, nel tempio ai piedi dell'Aventino, quale divinità protettrice della salute.
Si trattava di un rito esoterico, nel corso del quale la dea veniva invocata con il suo vero nome che non è mai stato rivelato, in quanto si credeva che fosse il medesimo del nume tutelare di Roma e, pertanto, noto solo ai sacerdoti maggiori: se fosse stato conosciuto dai nemici di Roma, costoro lo avrebbero potuto evocare e sottrarlo così alla città.
Il 6 maggio si concludevano le Floralia, inziate il 28 aprile, e dedicate a questa divinità italica, comune sia ai Romani che ai Sabini, protettrice delle fioriture e del grano nascente e che, per questo, può venire accostata a Cerere e a Tellus.
Alle feste in onore di Flora bisognava partecipare con vesti di vario colore, per imitare i fiori, e comprendevano rappresentazioni teatrali e giochi circensi, con simulazioni scherzose di cacce ad animali domestici e da giardino, di corse e di combattimento.
Questo, in breve, il maggio del paganesimo romano che sopravviverà, analogamente ad altre tradizioni, nel folklore popolare: il Cristianesimo, dinanzi alla persistenza della celebrazione della natura in fiore, non avrà altra strada che dedicare il mese alla Madonna, trasponendo i tratti della Dea e della Madre Natura nella figura della Vergine.
*Vice Presidente (An)
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