Dagli al Papa: Pio XII era anche razzista

Dopo il Papa dei «silenzi», e il Pacelli «filonazista» ecco che arriva il Pio XII «razzista», così preoccupato della salvaguardia della purezza della civiltà cristiana romana da chiedere al diplomatico inglese Francis D’Arcy Osborne che gli Alleati non mandino «soldati di colore» nella capitale. Ogni occasione è buona per un titolo contro Pacelli ed è così che ieri la Repubblica, recensendo il volume di Umberto Gentiloni Silveri Bombardare Roma. Gli Alleati e la Città aperta (edizioni Il Mulino) ha titolato «Pio XII: no ai soldati neri» puntando sulla «strana richiesta» emersa dalle carte del Foreign Office. Si tratta di un dispaccio di Osborne datato 26 gennaio 1944, nel quale si legge: «Il Papa spera che non ci siano truppe alleate di colore tra i gruppi che potrebbero essere posti di stanza a Roma». Pacelli avrebbe anche sdrammatizzato aggiungendo: «La Santa Sede non ha fissato un limite alla gamma dei colori, ma spera che la sua richiesta possa essere accettata».
Da cosa nasce dunque questa «strana» domanda, presentata dal quotidiano come una difesa della «culla intoccabile della civiltà occidentale» dal sapore vagamente razzista? L’autore del libro ipotizza – stando ai virgolettati di Repubblica – che si tratti di salvare i simboli della civiltà occidentale attraverso la «tutela della razza bianca». La storia è però un po’ più complessa.
Eugenio Pacelli, da nunzio apostolico in Baviera, subito dopo la fine della Grande Guerra, era stato testimone di quanto accaduto nelle regioni della Renania e della Ruhr occupate da truppe francesi. In particolare, si segnalavano stupri e violenze ai danni delle donne da parte dei soldati nordafricani. Molti di quei fatti erano stati volutamente esagerati dalla popolazione, ma è accertato che in decine di casi vi furono condanne da parte degli stessi tribunali militari francesi contro soldati che si erano macchiati di questi reati. Così, il nunzio, sul cui tavolo arrivavano segnalazioni e proteste, delle quali egli teneva informati i superiori romani, aveva suggerito alla Santa Sede di chiedere alla Francia il ritiro delle truppe di colore da quelle zone.
Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, in Vaticano erano arrivate attraverso le diocesi le prime segnalazioni di casi del genere. Per questo Pio XII, che non era per nulla razzista, aveva rivolto questa richiesta agli Alleati.
Le due divisioni di marocchini e gli algerini, con qualche gruppo di senegalesi, comandati da ufficiali francesi e dipendenti dal generale Alphonse Juin, dopo la caduta di Montecassino finiranno nella valle dell’Iri. Dove settemila di loro «devastarono, rubarono, razziarono, uccisero e violentarono» 3.500 donne dagli 8 agli 85 anni, mentre 800 uomini furono sodomizzati e seviziati. Chi tentò di difendere le donne venne impalato.

Episodi messi a tacere per troppo tempo in nome del politically correct. Della preoccupazione per quelle che saranno chiamate «marocchinate» c’è traccia nei documenti dell’Archivio segreto vaticano. Forse quei timori del Pontefice erano un tantino fondati.

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