Washington - Il Tibet? E' cosa nostra. A pensarlo, ripetendolo ossessivamente, ormai da sessant'anni, è la Cina. Da quando iniziò l'invasione di quella regione dell'Asia definita il "Tetto del mondo". Per questo ogni volta che a qualcuno, in Occidente, passa per la testa l'idea di dare ascolto al Dalai Lama, la massima autorità spirituale del Buddhismo tibetano, Pechino si arrabbia e alza la voce. La Cina ha chiesto a Barack Obama di annullare la sua decisione di ricevere il Dalai Lama e lo ha invitato a non "interferire negli affari interni cinesi". Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei. Il ministero degli Esteri cinese e l’ambasciata cinese negli Usa, ha detto il portavoce, hanno "formalmente protestato" contro la decisione di Obama. Pechino chiede a Washington "di annullare immediatamente la sua decisione di incontro fra il presidente Obama e il Dalai Lama", ricordando agli Stati Uniti che loro riconoscono la sovranità cinese sul Tibet. "Noi siamo fermamente contrari al fatto che qualsiasi uomo politico straniero incontri il Dalai lama in qualsiasi forma", si legge nel comunicato, che mette in guardia l’amministrazione americana da tutte le azioni suscettibili di "nuocere alle relazioni sino-americane".
La sfida di Obama L’incontro tra il presidente americano e il vincitore del premio Nobel per la Pace 1989 era stato annunciato ieri dalla Casa Bianca, ed è suonato come una sfida alla Repubblica Popolare, che la settimana scorsa aveva già protestato vibratamente quando il Dalai Lama era stato ricevuto dai capigruppo alla Camera dei Rappresentanti dei due principali partiti Usa, il repubblicano John Boehner, che presiede l’assemblea, e la democratica Nancy Pelosi, di cui Boehner è successore. "Questo incontro sottolinea il forte sostegno del presidente Obama all’identità unica del Tibet, sotto i profili religioso, culturale e linguistico, e alla tutela dei diritti umani dei tibetani", recitava il comunicato ufficiale diffuso a Washinhgton.
Il peso di Pechino sull'economia Usa Niente di nuovo sotto il sole. Sono sempre le solite dichiarazioni minacciose ripetute ogni qual volta il leader tibetano ottenga una pur minima attenzione da autorità di qualche paese in giro per il mondo. Nel caso specifico però la situazione è complicata dall’irritazione di Pechino per la grave crisi in atto del debito sovrano Usa: la Repubblica Popolare è infatti il principale creditore di Washington e, se al Congresso non dovesse essere trovato l'accordo sul debito entro il 2 agosto prossimo, rischia seriamente di veder andare in fumo gli oltre 1.000 miliardi di dollari in titoli del Tesoro americano che detiene nel suo portafoglio.
L'incontro alla Casa Bianca Il faccia a faccia tra Obama e il Dalai Lama, che non si vedevano dal febbraio 2010, si terrà come allora a porte chiuse nella "Map Room" della Casa Bianca. I due dovrebbero parlare di diverse cose. Anche della questione tibetana.
Tanto per ribadire che, interessi economici a parte, l'America continua ad avere a cuore la libertà. Perché, se così non fosse, non avrebbe più senso mettersi d'accordo con Pechino e chiudere un occhio di fronte al genocidio culturale in Tibet?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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