«Io là ci vo alla buona» scriveva George Byron, nellottobre 1816, da poco a Milano, allamico John Murray. E quel «là» era la Biblioteca Ambrosiana, col suo inestimabile corredo di codici, manoscritti e autografi. Sui quali però il romantico poeta inglese sembra sorvolare, per «inchiodarsi» su un gruppo di lettere e una «ciocca di capegli da donna, ho che bei capegli!». Si trattava delle parole, amorose ed originali, che Lucrezia Borgia aveva indirizzato al colto e seducente cardinal Brembo. Una di quelle epistole è ora in mostra nella sala Federiciana della Biblioteca, ma solo per due giorni, oggi e domani (ingresso gratuito da piazza San Sepolcro, ore 10-17). E quella quindicina di righe, al «Misser Pietro mio cordialissimo», della duchessa di Ferrara, è soltanto una gemma del patrimonio di codici e testi che lAmbrosiana mette in campo in questa mostra-lampo.
Una rassegna sintonizzata sul convegno di studi «Tra i fondi dellAmbrosiana: manoscritti italiani antichi e moderni», realizzato in collaborazione con gli atenei milanesi della Cattolica e della Statale, e della casa svizzera di orologi Omega. Scopo dellesposizione è offrire un percorso storico-artistico della letteratura italiana. Con un «campionario» (le opere sono 58) che enfatizza la qualità degli autori ma anche leccezionalità dei testi.\Da Dante a DAnnunzio, tutta la letteratura in «codice»
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