De Bortoli incassa la fiducia dei soci ma al «Corriere» restano le divisioni

nostro inviato a Torino

John Elkann, gilet rosa sotto un gessato grigio, ha aperto il consiglio di amministrazione della Fiat chiudendo, di fatto, un’epoca: «Oggi - riferendosi allo scorporo avvenuto - parliamo di una Fiat che non c’è più. È l’inizio di una nuova avventura. Un punto fermo è stato messo con il referendum di Mirafiori». Alle parole del presidente del Lingotto sono seguite quelle di Sergio Marchionne («la fine di 111 anni di solitudine»), il quale ha snocciolato i dati più significativi dell’esercizio 2010 («sono numeri eccezionali») e confermato le prospettive per l’anno in corso, le stesse su Fiat Spa e Fiat Industrial illustrate agli analisti in aprile. Il 2010, per Fiat, è stato l’anno del ritorno all’utile e ha superato tutti gli obiettivi degli analisti. I profitti netti si sono attestati a 600 milioni contro gli 848 milioni persi nel 2009, mentre i ricavi sono saliti del 12,3% a 56,3 miliardi. Quasi un dimezzamento per l’indebitamento: da 4,4 a 2,4 miliardi. La liquidità è cresciuta a quasi 15,9 miliardi da 12,4 di fine 2009. Il cda proporrà una cedola totale 2010, per le tre classi di azioni di Fiat Spa, pari a 152 milioni. Risultati positivi, come si vede, che però il mercato ha accolto freddamente, nonostante la sorpresa del debito dimezzato e il superamento di tutti i target già rivisti al rialzo. In Borsa, Fiat Spa ha così ceduto l’1%, mentre Industrial ha accusato una perdita più pesante: il 4,5%.
Gli analisti hanno motivato questo calo con l’utile operativo di Cnh (755 milioni su 337 del 2009, con ricavi saliti del 17,8%) sotto le attese nonostante la crescita a livello globale del settore edilizio intorno al 30%. Per l’Auto sono stati conseguiti ricavi per 27,9 miliardi (+6%) e un utile operativo di 607 milioni, da 470: la crisi del mercato è stata compensata dall’incremento delle vendite di furgoni. In tutto ammontano a 2.081.800 le auto e i furgoni consegnati (-3,2%), un terzo dei 6 milioni che Marchionne conta di raggiungere grazie all’alleanza con Chrysler. In questi giorni si è detto e scritto tanto su Fiat, i piani di sviluppo, gli investimenti, Mirafiori, le paghe degli operai. Cerchiamo di mettere un po’ di ordine. Partiamo da Mirafiori: la newco Fiat-Chrysler nascerà regolarmente, il gruppo torinese resterà comunque proprietario degli immobili e dei terreni. Fatto salvo che l’obiettivo di Marchionne è di far guadagnare di più ai propri operai, il possibile coinvolgimento della forza lavoro nella gestione aziendale non è nei piani del Lingotto. Quindi: stipendi in futuro più alti (se le condizioni lo permetteranno), ma nessuna divisione degli utili con le maestranze. Oggi è in programma lo sciopero generale organizzato dalla Fiom e i cancelli di Mirafiori sono da giorni tappezzati di bandiere e striscioni rossi. «È uno sciopero che non ho capito...», ha detto Marchionne ai suoi collaboratori al rientro dagli Usa. Un risultato - per nulla gratificante per il Paese, la stessa Fiat e chi ci lavora - il capo della Fiom, Maurizio Landini, e la leader della Cgil, Susanna Camusso, lo hanno comunque ottenuto: nessuno, dall’estero, è disposto a condividere gli stabilimenti italiani della Fiat. Lo ha confessato lo stesso Marchionne: «Non si è fatto avanti nessuno all’offerta di utilizzare i nostri impianti». Un chiaro segnale di come i colossi dell’auto considerano, in questo momento, le relazioni industriali in Italia: un rischio. Altra musica in Brasile dove il sito di Betim, con le sue 3mila auto prodotte ogni giorno, ha praticamente «superato il muro del suono», ha ricordato Marchionne quando, con l’ex presidente Lula, ha posato la prima pietra del nuovo impianto di Pernambuco. Gli investimenti, ora. Per «Fabbrica Italia» l’amministratore delegato della Fiat ha previsto 20 miliardi: la newco di Pomigliano riceverà un po’ di più dei 700 milioni previsti (alla fine saranno 800); a Mirafiori, impianto destinato a diventare il centro di produzione mondiale dei Suv di taglia media, tra Jeep e Alfa, andranno circa 1,3 miliardi. Una parte di queste risorse saranno riversate su Torino già nel 2011.

Qualche dettaglio in più sugli investimenti, Marchionne ieri lo ha dato: «Si guardi all’ebitda - ha riposto a un analista -: questi soldi saltano fuori dalla produzione di cassa del sistema. Ci sono i motori della gamma auto da aggiornare, i modelli di Cassino da rivedere, Marelli su cui lavorare. Sono risorse che riguardano anche Fiat Industrial».

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