Paolo Scotti
da Roma
Il telespettatore più attento avrà notato che, nei mesi scorsi, sugli schermi Mediaset apparivano in sovrimpressione delle strane richieste: «Quale partito ai votato? Cosa ne pensi dellaborto? Sei favorevole ai rapporti prematrimoniali? Chiamaci». Data la serietà delle domande, quelli che hanno risposto pensavano di partecipare così ad un dibattito, a una tavola rotonda...». E invece solo oggi, leggendo quotidiani come il nostro, quel centinaio di tele-curiosi (età media tra i 25 e i 45, provenienza prevalente dal Nord Italia) scopriranno di essere stati selezionati per far parte di Unanimous: cioè del nuovo, inatteso e per molti versi ancora imprevedibile programma di Maria De Filippi. «Una novità assoluta - conferma lei - un vero rischio, unautentica sfida. Soprattutto per una rete commerciale». Per lo meno inconsueta, in effetti, la premessa: «Si tratta di un game psicologico, che mescola elementi di reality e di gioco, ma del quale è impossibile stabilire in partenza la durata. In teoria potrebbe esaurirsi addirittura in una puntata sola: la prima». Figurarsi la reazione dei pubblicitari, che avessero deciso di puntarci su i propri investimenti. Ma non è finita qui. Unanimous (in inglese unanimità, dallomonimo format americano, trasmesso dalla Fox con ragguardevoli risultati dascolto) sembrerebbe un reality. Senza, però, molti degli elementi trash che hanno reso famigerato il genere: «Non punta sullavvenenza fisica dei partecipanti, né sulla loro smania di apparire in tv. Non ricorre al televoto né alle nomination. E soprattutto - sottolinea la conduttrice - non stimola caciara, bisbocce, ciondolare vacuo; in una parola: il cazzeggio. Ma grazie ai temi scelti provocherà discussioni e gara attorno ad argomenti forti».
Se la cornice infatti è già nota - nove concorrenti vengono chiusi in un bunker e ripresi ventiquattrore su ventiquattro dalle solite telecamere - le regole della convivenza non hanno il consueto tono sadico-punitivo: «I concorrenti possono portare con sé dei libri, e dormono separati uno dallaltro». Ma soprattutto, sotto la guida di un leader, ciascuno di loro dovrà raccontare la propria storia e convincere tutti gli altri a votarlo, «dimostrando con acume, strategia psicologica, e perfino con luso della menzogna, dessere il più meritevole di vincere lo stratosferico premio finale». Premio ancora non quantificato, ma vicino - simmagina - a quello americano. Che raggiungeva il milione e mezzo di dollari. Condizione indispensabile: bisogna che il vincitore sia eletto allunanimità. Da qui lassoluta imprevedibilità della durata del game.
«Lidea di Unanimous mi piace moltissimo - considera soddisfatta Maria - perché è un gioco in cui contano intelligenza e capacità dialettica. Perché lassenza del televoto da casa manterrà più veri i concorrenti. Perché si potrà vincere anche senza smaniare di diventare famosi; anche avendo pancetta e cellulite».
Strutturato con un prime time settimanale condotto dalla De Filippi, in collegamento col bunker dal suo studio, e in strisce quotidiane nel primo pomeriggio, collocato presumibilmente fra settembre e dicembre (per fargli posto Amici slitterà la messa in onda a metà ottobre), Unanimous spera di ricordare certe atmosfere claustrofobico-stimolanti di film giudiziari come Il verdetto e La parola ai giurati.
Quanto al montepremi finale, ancora da stabilire, dovrà essere però una cifra «di quelle che davvero ti cambiano la vita. In modo da giustificare la lotta per accaparrarselo, e da motivare la gara al di là delle solite, controproducenti, speranze daffermazione nellambiente tv». Dettaglio non trascurabile: la cifrona diminuirà ad ogni puntata (se ne prevedono quattro o cinque di quelle settimanali) e dunque sarà interesse dei nove reclusi affrettarsi a trovare la tanto agognata unanimità.
«Del resto - confida Maria (i cui must, da Cè posta per te a Uomini e donne, per la prossima stagione sono tutti confermati) - questo game è stato accettato da Mediaset nonostante rappresenti un bel rischio, grazie al credito che ho guadagnato con gli altri miei prodotti. Il mio mestiere è fatto anche di sfide. E del gusto di correrle».
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