Dalla padella alla brace: questo il rischio che corre la sfortunata Napoli. Dopo la disastrosa Rosetta Iervolino, potrebbe capitarle di dovere digerire come sindaco Luigi De Magistris dell’Idv. L’ex pm si è infatti autocandidato alla guida della città per il prossimo lustro. Gli unici a gioire della prospettiva sono il medesimo De Magistris che ha definito «entusiasmante, passionale e rivoluzionaria» la sua sciagurata idea e il leader del suo partito, Totò Di Pietro, che non vede l’ora togliersi dai piedi il presuntuoso pm. La città in sé oscilla invece tra depressione e l’uso del cannone contro Palazzo San Giacomo, sede della municipalità.
I primi ad accogliere col magone l’iniziativa sono gli alleati del Pd. I meschini, dopo le primarie andate buca per brogli, cercavano ansanti un volto nuovo nella mitica società civile. L’occhio era caduto sul giudice Raffaele Cantone, raccomandato dallo scrittore Saviano, che però non se l’è sentita. Stavano allora provando con un prefetto, Mario Morcone, quand’è piombata la ferale notizia di De Magistris. Come una iena imbufalita, il commissario provinciale del Pd, Andrea Orlando, ha sibilato: «Sono inaccettabili le scelte individuali. Qui si rischia di lacerare la coalizione». Tradotto: possibile che ’sto De Magistris, faccia tutto da sé senza chiedere se sta bene anche a noi, col rischio di seminare zizzania al nostro interno e regalare la poltrona ai manigoldi berluscanti? Infatti, si profila un nuovo caso Emma Bonino. Ricordate l’anno scorso quando la pulzella radicale si candidò a sorpresa alla presidenza del Lazio contro Renata Polverini, lasciando Bersani come un allocco? Il volatile, preso di contropiede, rinunciò a un proprio candidato per non disperdere voti e sostenne obtorto collo l’intrusa. Conclusione: vinse la destra. Memore della beffa romana, la sinistra napoletana è ora in ambasce. Gongola invece l’impunito De Magistris e già prevede che sul suo nome «ci sarà convergenza dei partiti del centrosinistra». Cioè il bis esatto del caso Bonino.
Vediamo cosa significherebbe in concreto un De Magistris sindaco. Da non augurare nemmeno a un plotone di suocere. L’ex pm è un clone di Di Pietro. Uno che ha sostituto le volute del cervello con cerchi di manette, catene attorcigliate, giri di chiave. Come il suo leader, riduce qualsiasi comportamento umano a un articolo di codice penale, un combinato disposto, un’aggravante. Figuratevi governare Napoli - città che ha bisogno di lavoro, reddito, tranquillità - col fucile spianato. Direte: con tutto il malaffare che pullula sotto il Vesuvio un sindaco-questurino viene a fagiolo. Se lo dite, siete confusi. Una cosa è combattere la camorra, che è compito dello Stato, un altro è fare fiorire la città, che è il mestiere del sindaco. Invece, il solo talento dimostrato da De Magistris nei suoi 43 anni di vita è quello di sbattere in galera. Ergo: governerà Napoli con lo stesso spirito. Con una giunta inquisitoria, zeppa di pm, sospettosa di tutti e di ciascuno: dei funzionari comunali, degli imprenditori, dei colletti bianchi in genere.
Che io sappia, l’aspirante primo cittadino non ha l’ombra delle competenze che a Napoli servirebbero come il pane: la saggia amministrazione, il rilancio dell’economia, la pianificazione della città, lo sviluppo delle libertà imprenditoriali, ossia il sale di una città da risanare. Ce lo vedete voi Luigino Millemanette che dà udienza a un imprenditore senza denunciarlo di essere venuto per tirargli un bidone, arricchirsi a sbafo, tentare di corromperlo? No, infatti quelle sono le sue categorie mentali e la sua visione della vita. D’accordo, posso sbagliarmi. Infatti, sto arbitrariamente proiettando il passato demagistrico nel futuro, mentre sarebbe giusto dargli la chance di una resipiscenza. Bè, lo confesso: non ci riesco. Anche perché mi ronza in testa la lettera con cui Millemanette ha annunciato ai fan la decisione di scendere in lizza. Dà un’idea aggiornatissima di come Luigino sia in quest’esatto momento. Cioè, questo: un populista mesozoico e un megalomane.
Sappiamo già che giudica «rivoluzionaria» la scelta di proporsi come sindaco. Come dire, una fortunata e irripetibile occasione per Napoli. Poi, spiega com’è maturata: «Dagli incontri con movimenti, comunità resistenti, associazioni, laboratori sociali, centri sociali, studenti, professori, intellettuali, operai, lavoratori, disoccupati, precari ho raccolto una voce che è cominciata a essere assordante nelle mie orecchie: tocca a te, rappresenti l’USCITA D'EMERGENZA (maiuscolo nel testo, ndr)». Già con quel cenno metafisico dell’udire e obbedire alle «voci» che si rivolgono a lui, siamo tra Padre Pio e Teresa d’Avila. Ma sono soprattutto le categorie cui Luigino si è rivolto e che lo hanno incoraggiato, a dirci come si comporterà da sindaco: vendolianamente sensibile ai centri sociali (occupazione case), alle comunità resistenti (scontri con polizia), disoccupati e precari (assunzioni comunali pioggia e lavori inutili a spese dei napoletani utili). Nessun cenno di soluzione invece per rifiuti, traffico caotico, abusivismo, bonifica urbanistica, ecc. Nonostante le zero proposte, Millemanette è convinto di fare centro e lo dice da par suo. L’annuncio è, in diverse parti, poesia pura. Parte in sordina con una promessa palingenetica: «Realizzeremo una scossa morale e di etica pubblica». Poi, con crescendo rossiniano, diventa cosmico: «Faremo una battaglia politica per Napoli, per il Sud, per l’Italia, per il Mediterraneo, per l’Europa». Pizza, ricotta, Oreste, bum! Infine, esplode: «Apriremo le porte dei palazzi per fare uscire il puzzo del compromesso morale e fare entrare il fresco profumo di libertà. Insieme, vinceremo!». Un esaltato.
Comunque, tranquilli: non è affatto detto che Luigi ce la faccia. Non dimentichiamo, che è un gran pasticcione. Da pm, su tre mastodontiche inchieste, non ne azzeccò una. La Poseidon, gli è stata tolta per irregolarità.
La Why not finì nell’ignominia: il gup, accusò Millemanette di avere prodotto fuffa per andare in tv. Al vento anche la terza, Toghe lucane. Per lo scorno, Luigino si è buttato in politica anziché alle ortiche, com’era suo dovere. Ne converrete: sarebbe ingiusto adesso che a pagare l’errore siano i napoletani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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