Il decalogo degli zozzoni

E come no: già sembra di vederle, queste nostre mamme italiane, che adottano in casa il nuovo decalogo igienico per combattere l’emergenza idrica. Dopo aver tallonato per anni i loro piccoli, imponendo di fregare bene sotto le ascelle e dentro le orecchie, eccole lanciare lo storico contrordine, sventolando i consigli alla nazione di Fulco Pratesi, presidente nazionale del Wwf. La doccia tutti i giorni? Abitudine selvaggia, ammonisce il celebre ambientalista sul Corriere. Abolire subito. «Un solo bagno il sabato mattina consente di risparmiare molta acqua, senza pregiudicare l’olfatto dei vicini».
Poi bisogna chiaramente finirla anche con questa mania igienista di far girare in continuazione la lavatrice. «Un rapido esame della biancheria - spiega ancora Pratesi - consente di giudicare quale capo debba essere cambiato». Lui si muove così: «Le camicie, meglio non bianche e non strette da cravatte, mi possono durare anche tre giorni». Ma è sotto la camicia che si registrano risparmi prodigiosi: «Le mutande durano anche qualcosa in più dei tre giorni (!, ndr). La canottiera resiste da un sabato all’altro. Quanto alle calze, d’inverno possono aspettare tre giorni». Bontà sua, sulle calze è ammessa un’eccezione: «Con il gran caldo, anche meno dei tre giorni». Infine la lavastoviglie. Ignorare pure quella. «Un rapido passaggio con la spugnetta sotto il rubinetto dell’unico piatto usato (il metodo della “scarpetta” consente di usarlo per la pasta, il secondo, il contorno e la frutta) mi permette di eliminare detersivi e ridurre al minimo l’acqua. Un eventuale residuo di cibo rimasto sul piatto è comunque più sano delle tracce di prodotti chimici...». Grosso modo, è tutto.
Le regole ci sono: in sostanza dovremmo lavarci meno nel periodo in cui vorremmo lavarci di più. Adesso veramente tocca alle madri italiane. Vita nuova, più accorta e più responsabile: un bagno la settimana e mutande a lunga durata. Il regime igienico ricorda vagamente quello medievale, rimasto nella storia come il più fetido di sempre. Ma questo impone l’emergenza. La pulizia, che a tutti quanti noi sembrava conquista di civiltà, è sul banco degli imputati. Dobbiamo farcene una ragione. Come diceva Montanelli davanti alla Dc, turandoci il naso possiamo salvare l’Italia. Certo con l’acqua non si scherza. L’acqua è tutto, l’acqua è vita. È importante che in ogni singola abitazione vengano adottate alcune misure antispreco, le minime: abbassare l’intensità del getto, chiudere il rubinetto mentre ci si insapona, usare lavatrici e lavastoviglie soltanto a pieno carico, denunciare all’amministratore condominiale il ragionier Filini, che tutte le settimane si ostina imperterrito a lavare la Duna in cortile, prima di rimetterla nel box per un’altra settimana. Fatto questo, però, è meglio fermarci. Purtroppo, l’emergenza italiana non risiede nell’igiene delle nostre ascelle.
La crisi idrica andrebbe affrontata seriamente mettendo mano - anzi infilandoci il dito - ai buchi nelle condutture generali, che quotidianamente disperdono tra il 40 e il 65 per cento della nostra acqua. Altro che tenersi la camicia tre giorni, «e le mutande qualcosa in più». Forse sarebbe il caso di dirselo lealmente, senza offesa per nessuno: di fronte a qualsiasi problema, noi ci presentiamo puntualmente in modo schizofrenico, barcollando da un estremo all’altro, perdendo sempre di vista la sostanza della questione e il buonsenso per affrontarla. In certe amene località di provincia le maestrine insegnano agli alunni che la carta della merenda va buttata in questo cestino, mentre l’avanzo organico va messo in quest’altro. Qualche chilometro più in là, nella stessa nazione, l’apocalisse della nettezza urbana, con i sacchi dei rifiuti che arrivano al primo piano delle case. Sull’acqua ci apprestiamo ad applicare gli stessi metodi e gli stessi costumi: mentre università e tecnici di tutta Italia aspettano da decenni gli investimenti per sistemare la nostra fatiscente rete idrica, Pratesi ci invita a tenere la canottiera da sabato a sabato. Ogni volta gli opposti estremismi. Ma è proprio questa immancabile e abissale distanza, tra le manie paranoiche delle minoranze fanatiche e la pachidermica indifferenza delle allegre istituzioni, a rendere sempre questo Paese così assurdo e così grottesco.
Comunque, su col morale: è solo l’inizio. Arriva la lunga estate calda, altre ne sentiremo. La siccità sarà l’argomento d’attualità per mesi e mesi, prima di sostituirlo con il dissesto idrogeologico, all’arrivo delle prime piogge. Nell’attesa, il decalogo Pratesi va incontro alla durissima prova dei quaranta gradi: gli italiani possono tranquillamente trasformarsi in armi di distruzione di massa.

Non è per fare dell’allarmismo, ma c’è il serio rischio che l’emergenza idrica diventi subito emergenza sanitaria.

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