Decreto carceri Il premier: «Ai domiciliari chi ha un anno di pena»

Settantadue suicidi nel 2009, venti nei primi due mesi e mezzo del 2010. E una situazione di sovraffollamento da collasso, 67mila reclusi a fronte di una capienza di 43mila posti letto. Di qui la decisione del governo: un decreto d’urgenza per far sì che chi ha un residuo di pena di un solo anno vada agli arresti domiciliari.
L’annuncio è stato dato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. «Stiamo pensando – ha detto il premier – ad un decreto per dare un regime di detenzione domiciliare a coloro a cui manca un anno solo di carcere». Si tratta, in pratica di una delle misure previste dal ddl sulla «messa in prova» studiato dal ministro di Giustizia, Angelino Alfano. Il testo, nella sua globalità, prevedeva la «messa in prova» per gli imputati di reati puniti con pene fino a tre anni, e la detenzione domiciliare per i carcerati cui mancano solo dodici mesi per finire di scontare la pena. Secondo il premier, la «messa in prova» non comporterà rischi per la sicurezza: «Non avrebbero interesse a scappare – ha detto Berlusconi – perché altrimenti si vedrebbero raddoppiare la pena».
Soddisfazione per le parole del premier, «importanti e condivisibili», arriva dal Sappe, il sindacato di Polizia penitenziaria. Nicchia invece l’associazione Antigone, che si occupa di detenuti. «La misura della detenzione domiciliare per chi ha un residuo di pena di un solo anno – dice il presidente, Patrizio Gonnella – è condivisibile ma non risolutiva». Secondo i dati forniti dal sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, sulla carta sarebbero 10.741 i detenuti che devono scontare condanne inferiori ad un anno (5.964 italiani, 790 europei, 3.987 extracomunitari), ma molti di loro non potrebbero andare a casa perché recidivi, e quindi «bloccati» dalle norme previste dalla legge Cirielli, che vieta benefici ai delinquenti abituali.

Per quanto riguarda invece i detenuti (che prima però erano a piede libero) con meno di un anno da scontare, secondo Caliendo sarebbero 3.577 (1.949 italiani, 274 europei, 1.354 extracomunitari). Per il sottosegretario, con la «messa in prova» entrerebbero in carcere 2.000 detenuti in meno ogni anno.

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