Determinanti due "no" degli indecisi

Seduta segreta, segretissima, quella alla Consulta sul Lodo Alfano. Ma dalle stanze ovattate del Palazzo sul colle del Quirinale le notizie filtrano ugualmente. Si rincorrono per le stanze dei ministeri, nei corridoi e nella buvette del Parlamento, rimbalzano nelle redazioni dei giornali.
Hanno votato in nove per bocciare il Lodo, in sei erano per salvarlo. L’indiscrezione circola già a fine mattinata, mentre poche ore prima prevaleva nel centrodestra un cauto ottimismo. Nell’intervallo di pranzo, mentre i quindici membri della Consulta sospendono la riunione, si vedono alla Camera espressioni di giubilo dai parlamentari dell’opposizione. Il tam tam insiste: bocciato, bocciato. Bocciato del tutto.
L’Alta Corte è divisa, si diceva già da giorni, cinque giudici costituzionali sicuri per il sì, altrettanti per il no e dunque saranno gli indecisi a fare la scelta. Bella notizia. Poi, con il correre delle ore, la distanza sembra accorciarsi: forse sono sette quelli a favore del Lodo, forse il Lodo passa. Ma poi sale l’incertezza sulla parte dalla quale pende la bilancia.
Ieri mattina nel centrodestra si era ottimisti. Due degli indecisi, Paolo Grossi e Giuseppe Tesauro, potevano unirsi al gruppo dei sostenitori della norma sospendi-processi: Giuseppe Frigo, Luigi Mazzella, Paolo Maria Napolitano (nominati dal Pdl), Alfio Finocchiaro (Cassazione), Maria Rita Saulle (Presidente della Repubblica) e Alfonso Quaranta (Consiglio di Stato).
I due in questione sono stati nominati dal presidente della Repubblica: Tesauro da Carlo Azeglio Ciampi nel 2005, ma Grossi proprio da Napolitano nel febbraio 2009 e con il gradimento del centrodestra.
Il Capo dello Stato, si dice insistentemente, non è contro il Lodo, semmai auspicava una soluzione di «illegittimità parziale», non certo una bocciatura totale. D’altronde, sia autorizzandone la presentazione al Parlamento che al momento della promulgazione ha sostenuto proprio che nel 2004 la Consulta non sancì la necessità di una legge costituzionale e che quell’«interesse apprezzabile» del sereno svolgimento delle funzioni istituzionali andava tutelato. Precisazioni inusuali e perciò significative.
Ma forse qualcosa cambia in quella camera di consiglio, o forse le previsioni erano semplicemente sbagliate. Fatto sta, che già nella riunione in mattinata Grossi si schiera invece per il no al Lodo. Fuori dal Palazzo c’è chi si sorprende e molto. Ma è il segnale che finirà con la bocciatura. Tesauro è l’ultimo a svelare le sue carte: anche lui per il no. Come il presidente Francesco Amirante (Cassazione), che fu relatore nel 2004 sul Lodo Schifani (poi bocciato), il vicepresidente Ugo De Siervo e Gaetano Silvestri (eletti dal centrosinistra), Alessandro Criscuolo (Cassazione), Sabino Cassese e Franco Gallo (nominati da Ciampi), anche Paolo Maddalena (Corte dei Conti), dato in un primo tempo per indeciso.
«Purtroppo - spiega un giudice costituzionale - la Corte pende sempre decisamente a sinistra e in queste sentenze politiche non si smentisce».

In qualche modo lo riconosce anche Anna Finocchiaro del Pd, facendo notare che «la Consulta non fa che accogliere gli stessi rilievi costituzionali che noi avevamo mosso durante l’esame del Lodo Alfano in Parlamento». Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello commentano: «Ha appena confessato che la Consulta è al servizio della sinistra».

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