Diabete, alti rischi anche per i bimbi

Lo scienziato americano De Fronzo: «Colpa degli stili di vita sbagliati»

Luigi Cucchi

Nel mondo le persone che soffrono di diabete di tipo 2 sono oltre 150 milioni e si stima che raddoppieranno entro il 2025. I pazienti diabetici in Italia sono 2,5 milioni, altrettanti lo sono senza saperlo. Negli Stati Uniti sono 22 milioni, di cui 21 solo di diabete di tipo 2, quello che colpisce in età matura, pari al 7% della popolazione. «È una vera epidemia, la cui origine non è la modifica dei geni che cambiano solo in migliaia di anni, ma l’errato stile di vita: sedentarietà ed eccessi alimentari. Si mangia troppo e male. Gli americani, in particolare, non vogliono accettare questa realtà. È una lotta ardua, si combatte contro i mulini a vento. Negli Stati Uniti il 60% della popolazione è obesa o in sovrappeso e questa condizione provoca l’insulino resistenza. Una autentica calamità: milioni di persone si autodistruggono». L’amarezza di Ralph Anthony De Fronzo è grande. È in Italia per un ciclo di conferenze a diabetologi. Il medico che meglio conosce i segreti del diabete al quale ha dedicato tutta la sua vita, non si dà pace. Ha spiegato già negli anni ’70 i meccanismi genetici alla base dell’insulino resistenza che alterano il metabolismo cellulare e portano al diabete. A San Antonio dirige il centro di diabetologia dell’Università del Texas e da 14 anni presiede negli Stati Uniti il Gruppo di studio per il diabete di tipo 2. Negli ultimi 29 anni ha formato oltre 70 diabetologi che oggi dirigono negli Usa i più importanti centri di endocrinologia e diabetologia. Già dopo la laurea all’Harvard Medical School e la specializzazione in medicina interna ed in endocrinologia prima al Johns Hopkins Hospital poi al National Institute of Health a Baltimora, De Fronzo si è dedicato allo studio delle alterazioni metaboliche. Alla fine degli anni Ottanta le ricerche di un team di studiosi da lui guidato ha svelato l’insufficienza delle cellule beta nella produzione di insulina che si associa all’insulino resistenza, aggravando il quadro clinico del diabetico. Ha spiegato le alterazioni del metabolismo cellulare che nei diabetici portano a sindromi collegate tra di loro definite Insulin resistance syndrome o sindromi plurimetaboliche. De Fronzo ha illustrato le complicanze croniche: l’alterazione dei grandi vasi sanguigni aumenta il rischio di infarto e ictus e porta a lesioni agli arti inferiori nei piccoli vasi e nei capillari. Il diabete può anche aumentare il rischio di infezioni sia per maggiore sensibilità a germi e virus, sia per una minore risposta immunologica dell’organismo. De Fronzo è stato tra i primi medici ad indicare la necessità di una grande campagna cuturale per aiutare i pazienti a una modifica degli stili di vita e a un controllo costante della glicemia. Si deve aiutare il pancreas a produrre più insulina e contemporaneamente ridurre l’insulino resistenza. «Nuovi farmaci che ho sperimentato direttamente, come i glitazonici – afferma De Fronzo -, consentono un efficace controllo della glicemia e provocano una azione positiva su pressione e lipidi, come è stato evidenziato anche recentemente dallo studio internazionale Proactive, che ha dimostrato che si possono ridurre del 16% le complicanze cardiovascolari». Il diabete è raro nei trentenni (un caso ogni 200 persone), dopo i 65 anni colpisce il 10%. «Con la prevenzione – aggiunge De Fronzo – siamo già riusciti a ridurre le ulcere e le lesioni che si manifestano con grande facilità nel piede del diabetico e che vanno curate con tempestività, perché in pochi giorni possono provocare danni irreparabili. Si è ridotto così notevolmente il rischio di amputazioni del piede, conseguenti alla cattiva circolazione del sangue a livello del microcircolo, ma negli Stati Uniti ogni anno per evitare la gangrena si amputano ancora oltre 50mila piedi». In Italia questi interventi sono 15mila.
«I diabetologi statunitensi – denuncia De Fronzo – sono molto preoccupati per la crescente obesità anche nell’infanzia. È terribilmente difficile far capire l’importanza di un corretto stile di vita, di una sana alimentazione, dell’attività fisica. L’uomo non si vuole bene. Pensa al lavoro, alla famiglia, alla casa, al tempo libero, ai viaggi, ma non trova neppure trenta minuti al giorno per camminare, per dedicarsi a quel minimo di attivita fisica che è fondamentale per la sua salute.

Gli appelli di noi medici per l’adozione di un corretto stile di vita cadono nel vuoto. Troppi diabetici non si controllano e neppure prendono i farmaci che noi prescriviamo. Spesso ci sentiamo proprio solo dei don Chisciotte».

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