Diabete, terapia integrata

Oggi cadono molti divieti soprattutto nel campo alimentare: ogni scelta va concordata con il paziente

Ignazio Mormino

Contro il diabete (4 milioni di malati soltanto in Italia) si fa strada un nuovo approccio, definito «globale», da alcuni e «integrato» da altri, che non rinunzia ai farmaci ma vi associa un controllo costante della pressione arteriosa, il ricorso all’esercizio fisico ed una corretta alimentazione. Autentiche «novità» sono quelle che riguardano quest’ultimo aspetto, affrontato senza pregiudizi.
Il dottor Roberto Trevisan, che dirige la Divisione di diabetologia degli Ospedali riuniti di Bergamo e che è già stato designato alla presidenza della società italiana di diabetologia, ritiene superati i vecchi divieti («niente pasta, niente pane, niente dolci»). Serve, afferma, una visione più realistica del problema: «Bisogna coinvolgere il paziente nelle sue scelte, incoraggiarlo a ritenersi gastronomo ricorrendo ai piatti della tradizione, talvolta “corretti” ma sempre saporiti. Anche questo è un modo di personalizzare la cura. Se il diabetico manterrà la gioia della tavola, assumerà volentieri i farmaci prescritti, farà esercizio fisico, controllerà spesso i valori pressori, insomma collaborerà attivamente ed efficacemente col suo medico curante».
Queste nuove direttive sono state messe in atto, con gradualità, quattro o cinque anni fa. «Non hanno rappresentato e non rappresentano una rivoluzione - dice ancora Trevisan - ma sicuramente sono una autentica conquista».
I diabetologi italiani hanno trovato un prezioso alleato nel volume Le regioni in pentola e l’arte del mangiar sano (titolo che riecheggia la Bibbia gastronomica di Pellegrino Artusi), stampato col contributo di Novartis e con lo scopo dichiarato di orientare i pazienti diabetici verso i piatti poveri di zuccheri.
Torna il principio (fondamentale) del medico «amico», che avvia con il suo assistito un dialogo continuo. «La struttura diabetologica di Bergamo - dice Roberto Trevisan - segue da almeno 5 anni più di settemila diabetici e finora è sempre riuscita a personalizzare le terapie. Perché non smettano di curarsi è indispensabile spiegare loro la necessità di combattere una patologia, cronica, non priva di rischi. Dobbiamo insomma renderli protagonisti e non vittime».
Il diabetologo si trova spesso di fronte pazienti che soffrono non soltanto di diabete ma anche di sindrome metabolica o che hanno subìto un trapianto d’organo. Questo quadro clinico va affrontato con le statine. La fluvastatina, ricorda il dottor Trevisan, è l’unica statina che non interferisce con i farmaci anti-rigetto. Il diabete è in crescita in tutto il mondo, si sente ripetere nei congressi internazionali. Il futuro presidente della Società italiana di diabetologia ribatte che si tratta di una malattia insidiosa ma controllabile.

Un’intesa completa tra medico e paziente (anche sul piano, non secondario, dell’alimentazione e dello stile di vita) permette al diabetico di vivere normalmente ed a lungo.
«L’importante - conclude Trevisan - è non interrompere mai le cure».

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