Il Diavolo fa le squadre ma non sempre i portieri. Storia di un rapporto tormentato fra il Milan e i suoi numeri uno. Una storia fatta di grandi nomi, ma incredibilmente mai di un portierone azzurro. Pensi ai numeri uno del Milan e ti vengono in mente Lorenzo Buffon e Giorgio Ghezzi, protagonisti del clamoroso scambio di porte di Milano a fine anni Cinquanta: il primo passò allInter (via Genoa), il secondo andò a vincere con i rossoneri la prima coppa Campioni. Pensi al Ragno nero Cudicini, grandissimo ai tempi di Rocco ma ormai troppo vecchio per la nazionale. Pensi a Ricky Albertosi, che quando è arrivato a Milano aveva ormai lasciato la nazionale alle sue spalle.
Un poker dassi tra tanti comprimari (Soldan e Barluzzi, Belli e Vecchi, Piotti e Terraneo), poi lera sacchiana con la filosofia (o la leggenda) per cui se una squadra è fortissima non ha proprio bisogno di un portiere super. Anche se, guarda caso, scudetto e coppe Campioni dellArrigo sono arrivati con Giovanni Galli (un altro ex azzurro, terzo portiere ai mondiali dell82) tra i pali, mentre con Pazzagli ha vinto un po meno. Fabio Capello provò con Antonioli, bruciato anche lui da una clamorosa papera in un derby su un tiro innocuo di De Agostini, poi si affidò a Sebastiano Rossi trasformandolo da saponetta a saracinesca: Seba fu lultimo baluardo degli Invincibili, tanto da togliere a Dino Zoff il primato di imbattibilità del campionato italiano (929 minuti nel 93-94). Un record prestigioso che tuttavia non gli fruttò nemmeno una presenza in nazionale, se non una in panchina contro la Croazia nel 94. Strano rapporto, daltra parte, quello dei numeri uno rossoneri con la nazionale: basti pensare che nellintera storia azzurra, sulla bellezza di 671 partite giocate dal 1910 ad oggi, la porta dellItalia è stata difesa da un portiere milanista soltanto in 7 partite, di cui 6 amichevoli.
Un discorso che ha riguardato Buffon e Ghezzi quasi cinquantanni fa e che è stato riaperto in tempi recenti solo da Abbiati.
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