nostro inviato
a Yokohama
Tre spine nel fianco agitano la penultima notte giapponese del Milan. Ancelotti ha la faccia riposata. «Le scelte sono fatte» manda a dire dissimulando il tormento che le accompagna. La prima spina nel fianco è Dida, il portiere brasiliano, messo ko prima da un virus intestinale (contro il Celtic in Champions), poi condizionato dal colpo della strega. Lo raccattarono nellascensore dellalbergo Park Royal di Yokohama appoggiato alla pulsantiera: non riusciva a muoversi. Si allena da qualche giorno ma porta tatuati nel fisico i segni di quellacciacco che tiene sotto scacco un impiegato di banca, figurarsi un portiere di calcio. Sta meglio, molto meglio di Dida, laltro portiere, Kalac, laustraliano che in privato si lamenta così: «Non mi fanno giocare mai». E invece gioca questanno, in Champions decisive le sue parate contro lo Shakthar, a San Siro. «È da tempo che Kalac è più vitale di Dida» riferisce una fonte interna che sintende di portieri. Ma Ancelotti, sullargomento, è un conservatore nato: cambia solo quando cè un infortunio o una squalifica e in presenza di una diserzione pubblica dellinteressato. Il siparietto di Gattuso giovedì notte qui a Yokohama è significativo. Con quei gesti voleva dire al suo portiere: «Se non stai bene, dillo subito, fai giocare un altro, non mettere a rischio la finale». Parole sante, da sottoscrivere.
Laltra spina è Kakà, la gemma del Milan. Per lui si preparano rinnovi principeschi di contratto (poiché sarà perfezionato nel 2008 potrà arrivare fino al 2013, massimo 5 anni prescrivono i regolamenti). E da Tokio è pronto il volo di rientro diretto per Zurigo, destinazione la sede della Fifa per ritirare il premio World player a lui assegnato dai ct di tutto il mondo. Ma nel frattempo cè questa finale da onorare. Con un dolore terribile allalluce del piede destro, quello con cui calcia, preferibilmente. Ha lunghia spezzata e una ferita laterale suturata. Ieri si è allenato poco e da parte, per evitare altri traumi. Stasera giocherà (11 e 30 di stamane ora italiana), con una protezione speciale di gomma e una puntura di anestetico. Non sarà al massimo, questo è sicuro. Ne è convinto anche papà Bosco. «Ha male», continua a ripetere. È bene dirlo senza preamboli: con Kakà il Milan ha delle chance di vincere contro chiunque, senza il suo numero uno, il Milan perde il 50% del potenziale.
Il terzo nodo è il più complicato di tutti. Si può dire di no alla candidatura di Paolo Maldini, il capitano storico? Ha deciso di farsi operare dopo Atene in vista di questa sfida. Ha sopportato con cristiana rassegnazione cinque mesi di rieducazione per levigare i muscoli logorati da una carriera lunga e gloriosa. Come si fa a lasciarlo fuori? In Giappone è una specie di divinità, Platini si emoziona come un bimbo nel vederlo correre in campo, ha un conto da saldare con il Giappone dove concluse, in modo malinconico, la sua carriera azzurra nel 2002 insieme con la Nazionale del Trap eliminata al primo turno addirittura. Ad Atene, per tenerlo in campo, e nel suo ruolo di centrale, Ancelotti sfidò lira funesta di Kaladze il quale pensò addirittura di lasciare Milanello. Il georgiano è in una forma strepitosa, nessuno pensa di tagliarlo. Con Nesta forma al momento la coppia più affidabile contro quel volpone di Palermo e lo sgusciante Palacio. E allora dove gioca Maldini? Il posto, virtualmente libero, è a sinistra dove Jankulovski ha appena giocato unora dopo 50 giorni di sosta per intervento chirurgico al menisco esterno. Se Ancelotti avesse il cinismo di Capello, non si lascerebbe contagiare dal romanticismo della scelta e farebbe al capitano questo ragionamento: «Non ti posso far giocare centrale, devi andare in panchina». E invece, come Arrigo Sacchi con Baggio a Pasadena nel 94, Carletto è un tipo tenero.
Il cuore, di solito, è un cattivo consigliere. Stamane, ora italiana, sapremo se vale anche nel calcio oppure no.
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