«Addio» disse la volpe. «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». «L’essenziale è invisibile agli occhi», ripetè il piccolo principeper ricordarselo. «È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». «È il tempo che ho perduto per la mia rosa...» sussurrò il piccolo principe per ricordarselo. «Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...». «Io sono responsabile della mia rosa...». Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.
Non sono improvvisamente impazzito.Confermo che questo è un articolo di sport.
Per la precisione, la lunga citazione della nostra prima pagina è del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Uno scrittore-aviatore che non ha mai avuto paura di volare, un po’ come il Genoa di quest’anno. Uno che la parola maniman non avrebbe saputo non solo tradurla in francese, ma nemmeno pensarla.
Preciso subito che il riferimento del Piccolo principe alla rosa e al tempo perduto per curarla non riguarda le squadre genovesi, così come la responsabilità per la rosa non è quella di mister Gasperini e il «vedere bene solo con il cuore» non è un appello ai moviolisti per decretare definitivamente il fuorigioco o meno di Delvecchio sul gol di Fornaroli.
Il Piccolo Principe, però, chiaramente, è Diego Milito. E l’essenziale invisibile agli occhi delle grandi squadre - dal Milan all’Inter, dalla Juventus alla Roma - è che questo ragazzo è un cannoniere infallibile che non delude mai, indipendentemente dalla serie in cui gioca, indipendentemente dal Paese in cui è protagonista, indipendentemente dall’annata. I gol e Milito sono come il salario per la Cgil degli anni Ottanta: una variabile indipendente.
Insomma, è un miracolo che uno come Milito sia al Genoa. Un miracolo dovuto anche e soprattutto a due elementi: la cocciutaggine di Fabrizio ed Enrico Preziosi che, anche da lontano, anche quando la zona Champions era una bestemmia più che un miraggio, anche quando tutto sembrava crollare, l’hanno sempre coccolato, si sono sempre fatti sentire vicino, sapendo che prima o poi Diego sarebbe tornato a casa. Nella sua casa rossoblù.
Il secondo elemento, forse ancor più decisivo, è sempre lì, nel Piccolo Principe. Libro un po’ noiosetto per i bimbi, ma assolutamente illuminante per i grandi. Nel capolavoro di Saint-Exupéry c’è tutto. C’è addirittura il segreto del ritorno di Milito: «Ecco il mio segreto. È molto semplice, non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».
Ecco, Milito ha scelto con il cuore. Quello che - persino dopo Genoa-Venezia - gli ha lasciato attaccati alla pelle i colori rossoblù. Quello che l’ha fatto adottare da un popolo. Quello che moltiplica le forze e fa più bella ogni giocata. Domenica sera, alla Domenica sportiva, persino Fulvio Collovati - che pure in passato a Genova ha condotto trasmissioni dove i genoani non erano propriamente in maggioranza - si è lasciato andare, quando gli chiedevano come fosse possibile che uno come Milito giocasse nel Genoa: «Credetemi, io ho indossato quella maglia e lo capisco meglio di chiunque altro». Detto tutto.
Sul Milito goleador è stato detto di tutto e di più. Ma l’altro Milito, quello che va oltre i gol, è, se possibile, migliore. Penso al corner restituito alla Lazio a Roma, nonostante un gravissimo torto arbitrale subito poco prima; penso alle sue dichiarazioni, sempre ricche di buonsenso e umiltà; penso alla consolazione a Cassano, nonostante tutto; penso alla disponibilità con i tifosi, segno di rispetto e di intelligenza; penso alla vita in famiglia: una donna, non settecento, e un bimbo.
Penso, soprattutto, al messaggio inviato al Muro dei grifoni, cuore pulsante del popolo rossoblù: «Grande tifo, estoy feliz por la victoria en el derby y gracias por la coreografia y por el apoyo constante en cada partido, forza Genoa carajo». Non serve tradurre.
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