Dieta e alimentazione

Dai cibi all'aria, assorbiamo 5 grammi di microplastiche a settimana. Come proteggersi

Vediamo insieme perchè le microplastiche sono pericolose per il benessere dell'uomo e quali sono i rimedi possibili

Microplastiche, i danni alla salute dell'uomo
Tabella dei contenuti

Dai cibi all'aria, non esiste posto in cui le microplastiche non si siano insinuate. Una presenza diventata ingombrante non solo per gli ecosistemi ma anche per l’organismo umano. I frammenti di plastica, inferiori a 5 millimetri, si accumulano nei polmoni e possono circolare nel sangue delle persone viventi. Il problema principale, però, risiederebbe nelle sostanze chimiche in esse contenute.

Gli studi sulle possibili conseguenze nel frattempo vanno avanti. Una ricerca della New York University School of Medicine ha trovato il PET (usato per le bottiglie di plastica) e il policarbonato, nelle feci dei neonati. Per alcuni tipi, le concentrazioni erano maggiori rispetto a quelle trovate negli adulti. Le microplastiche sono state trovate anche nella placenta materna, come descritto da una ricerca dell'Ospedale Fatebenefratelli di Roma e dal Politecnico delle Marche. Per quanto riguarda i rischi, ancora non del tutto chiariti, da altri studi internazionali già emerge come la plastica possa ad esempio alterare il metabolismo dei grassi. I frammenti di microplastiche potrebbero incidere sul sistema immunitario.

Quante e come le assumiamo

Secondo uno studio, ogni settimana un individuo assume circa 5 grammi di microplastiche: è come se mangiasse una carta di credito ogni sette giorni. Sono microscopiche, ma si trovano ovunque: nei cosmetici, nei vestiti e nei cibi e sono presenti nel sale, nella birra, nella frutta, nella verdura e nell’acqua potabile. Le microplastiche vengono ingerite, assorbite attraverso i tessuti e inalate, arrivando in profondità nei polmoni, come dimostra uno studio dei ricercatori dell’Università di Hull. La plastica, infatti, si scompone di continuo disgregandosi in particelle talmente piccole da fluttuare nell’aria.

Secondo i dati del UN Environment Programme – UNEP, siamo dipendenti dalla plastica. Nel mondo ogni anno vengono prodotte circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, di cui molte finiscono in mare e si disgregano. I numeri stimati sulle quantità presenti nell'oceano si sono moltiplicati nel tempo.

Si stima ci siano tra 75 e 199 milioni di tonnellate di plastica. Tanto che nel 2050 in mare potrebbero esserci più plastiche che pesci (in peso). Secondo i dati dell’Autorita Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sulle concentrazioni di microplastiche, ogni pesce contiene da 1 a 7 particelle; ogni grammo nei gamberi contiene 0,75 particelle e per grammo nei bivalvi sono presenti tra 0,2 e 4 particelle. Gli accumuli di rifiuti raggruppati dalle correnti oceaniche hanno addirittura dato vita a enormi isole di plastica galleggianti. Oggi ne esistono almeno sei: una delle più famose è la Great Pacific Garbage Patch, tra California e Hawaii ed è grande come la penisola Iberica. Sono ormai parte integrante dell’ambiente, tanto che gli esperti l’hanno definita la "plastisfera", in un articolo sulla rivista Frontiers in Ecology and the Environment.

Additivi tra i più rischiosi

Non solo le microplastiche, ma anche gli additivi possono riversarsi nelle acque, fino all’88%. La percentuale dipende da vari fattori ambientali. Alcuni studi hanno isolato fino a 8.681 sostanze chimiche e additivi provenienti da un unico prodotto in plastica. Le combinazioni chimiche sono così complesse che risulta difficile capire quali possano essere più dannose di altre.

Sebbene si possa individuare una correlazione, è difficile trovare un rapporto di causa-effetto, considerando anche il numero di sostanze chimiche a cui normalmente un individuo è esposto ogni giorno. A spiegarlo è stata la stessa Denise Hardesty, scienziata che da 15 anni studia i rifiuti plastici presso la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization in Australia.

In generale, più piccoli sono i frammenti, maggiore è la possibilità che questi riescano a superare alcune delle barriere fisiche dell’organismo, come per esempio quella intestinale o la barriera ematoencefalica, che regola il passaggio di sostanze da e verso il cervello. Tra gli additivi chimici preoccupano soprattutto i ftalati, il bisfenolo A, gli idrocarburi policiclici aromatici e i metalli. Alcuni di questi fanno parte dei cosiddetti “interferenti endocrini”, cioè sostanze che possono danneggiare il sistema ormonale, con possibili ripercussioni sul metabolismo e la salute riproduttiva.

Uno studio del 2021 spiega che, su scala cellulare e molecolare, l’ingestione di microplastiche può influenzare la composizione del microbiota intestinale portando a condizioni che ricordano molto da vicino quelle osservate nel diabete, nell’obesità e in altre patologie croniche. I frammenti plastici sono stati associati anche a eventi tipici della carcinogenesi (lo sviluppo dei tumori) come alterazioni del genoma e dell’espressione dei geni, stress ossidativo, frammentazione del DNA, infiammazione e tossicità cellulare. Infine, c’è anche il rischio di ingestione di microrganismi presenti sulla superficie dei frammenti che potrebbero essere potenzialmente pericolosi e causare un danno microbiologico.

Come proteggersi dalle microplastiche

L'esposizione alle microplastiche è quotidiana, è legata all'uso di confezioni alimentari o prodotti monouso ma anche all’abrasione di materiali o tessuti sintetici. Negli ambienti esterni la principale fonte di esposizione sono le microplastiche rilasciate dagli pneumatici delle auto o delle moto nel traffico. I tessuti, invece, costituiscono la principale fonte negli ambienti chiusi.

In particolare, secondo uno studio, le padelle antiaderenti in teflon potrebbero arrivare a rilasciare fino a 2 milioni di microplastiche, quando rovinate. Secondo i ricercatori, basta solo una crepa superficiale su una padella rivestita di teflon per produrre il rilascio di circa 9.100 particelle di plastica. Nel caso di un utensile molto rovinato, durante un processo di cottura, si può arrivare al rilascio di 2,3 milioni di microplastiche e nanoplastiche.

Molte azioni possono ridurre l'esposizione alle microplastiche, tra cui limitare i prodotti monouso. Per quanto riguarda i bambini, ridurre i giocattoli in plastica, prediligendo altri materiali, come il legno o i tessuti naturali. Fuori casa, utilizzare la borraccia invece della bottiglia in plastica e stoviglie in materiale biodegradabile.

Oggi sempre più persone scelgono prodotti sfusi o in barattoli di vetro, tra cui detersivi e alimenti che oltre all’ambiente fanno bene al portafoglio.

Commenti