Dietro la dolcezza un mondo cupo e contraddittorio

In molte edizioni delle opere di Alda Merini accanto ai testi nuovi se ne trovano riproposti anche di abbastanza lontani. Ma, a riconsiderarne l’intero percorso, credo rimangano due i momenti capitali della sua poesia.
Il primo corrisponde al suo esordio folgorante, a quando nel ’50 Giacinto Spagnoletti la rivelò, lei milanese diciannovenne, includendola in un repertorio prestigioso: Poesia italiana contemporanea 1909-1949. Fu appunto Spagnoletti il vero scopritore di Alda – l’aveva conosciuta nel ’47 –, fu lui ancora a pubblicarla nella collana che dirigeva per Schwarz (La presenza di Orfeo, 1953). Ma è doveroso menzionare altri lettori, capaci di chiarire criticamente alla Merini (i cui studi non erano andati oltre la scuola d’avviamento) certi caratteri della sua stessa poesia, così impetuosa e abnorme. Da Angelo Romanò a Maria Corti e a Giorgio Manganelli (che Alda poi ricorderà «maestro di un’epoca intera»); e a Quasimodo, Betocchi, Turoldo... Proprio la Corti, nell’introduzione a Vuoto d’amore (Einaudi 1991) noterà che nel libretto del ’62, Tu sei Pietro (Scheiwiller), la Merini sembra già assillata da una tensione, apparentemente contraddittoria, a fondere «impulsi religiosi ed erotici, cristiani e pagani».
Tra le raccolte che (ri-)confluiscono in Vuoto d’amore spicca La Terra Santa, più volte stampata e ristampata (addirittura in due edizioni quasi coeve e concorrenziali: Scheiwiller 1983 e Lacaita 1984, prefate rispettivamente dalla Corti e da Spagnoletti!). La Terra Santa deriva dalla terribile prova decennale, 1962-72, dell’internamento nel «Paolo Pini» di Affori: «Manicomio è parola assai più grande/ delle oscure voragini del sogno...»; «Il manicomio è una grande cassa di risonanza/ e il delirio diventa eco/ l’anonimità misura...». Sequenza spesso infernale, che nasce dallo spavento e produce spavento. Osserva la Corti che «il popolo dei folli di Affori, con le mani aggrappate alle sbarre, si configura speculare al popolo “prediletto da Dio”». Donde «la sovrapposizione Terra promessa-Manicomio»; e, aggiungiamo noi, la sacralità diffusa per l’intera sequenza, che è davvero il secondo momento capitale di questa poesia, dopo la stagione orfica di giovinezza.
Fra così dolorose traversie, la Merini ha saputo mettere al mondo quattro figlie; e sposarsi due volte: la seconda, col medico-poeta Michele Pierri («Pierri divino, ... condottiero di nostalgia»), che per età poteva esserle padre. Dati che però non si sono mai inseriti in una esistenza «normale»: di fatto e dunque – per ciò che qui interessa – un troppo o un troppo poco han sempre contrassegnato le pagine della Merini, abissali nella sostanza e cupe anche là dove paiano più ispirate a bonomia. Come ad esempio nelle Satire della Ripa (la Ticinese, dimora di Alda). Lì persone e luoghi fanno campionario vivace – tabaccaio e prostituta, osteria e negozio di frutta e verdura – ma non tanto da animare i congegni di una allegria possibile.
Insieme con altre raccolte ch’era bene ripubblicare (Destinati a morire, Le ripe petrose, Fogli bianchi), le Satire fanno parte ora di un volume piuttosto corposo che comprende di nuovo La Terra Santa e anzi ne riadotta il titolo (Scheiwiller 1996). C’è in esso quanto giova a cogliere il valore dell’itinerario poetico dall’80 in qua; mentre per quel che precede l’80 può servire l’antologico Testamento (Crocetti 1988) a cura di Giovanni Raboni. Un discreto successo, anche di pubblico, ha accompagnato da ultimo la Merini (premio Librex-Guggenheim 1993; premio Viareggio 1995), sollecitandola a un frequente esercizio della prosa: dal Diario di una diversa (Scheiwiller 1986) a Delirio amoroso (Il melangolo 1989), a La pazza della porta accanto e a La vita facile (Bompiani 1995 e ’96).


Ma le prose non alterano la fisionomia già affidata, e con più ardore, alle poesie, a quello che Ambrogio Bersani, nella premessa a Superba è la notte (Einaudi, 2000) giudica un «sistema poetico assolutamente singolare», i cui motivi resistono alla continua sperimentazione: «L’ansia, l’amore, i confini sbarrati della reclusione e lo slancio vitale della resurrezione».

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