«Diffamato». Biondi denuncia Beppe Grillo

Il vicepresidente della Camera chiederà un risarcimento a chi ha diffuso il suo nome fra quelli dei deputati condannati: «Sono incensurato»

«Diffamato». Biondi  denuncia Beppe Grillo

Paola Setti

«La vita è diventata uno spettacolo dove noi siamo gli spettatori e dobbiamo anche pagare il biglietto» dice il blog di Beppe Grillo. Ecco, la si potrebbe anche dir così: attore o spettatore non gli importa, Alfredo Biondi vuole indietro i soldi dello spettacolo, con gli interessi però. Il vicepresidente della Camera è anche noto avvocato e fa da sé: «A tutti chiederò per il reato di concorso in diffamazione continuata e aggravata il risarcimento di danni morali e materiali derivanti dal reato commesso». Perché se un bel gioco dura poco figurarsi un brutto scherzo.
Son mesi che ci prova, Biondi, a ristabilire la verità. Il «comico-moralista», come definisce Grillo, un bel giorno ha deciso di render noti i nomi dei 23 rappresentanti del popolo italiano a Roma e in Europa condannati in via definitiva. L’elenco è comparso prima sul suo blog, al link «Parlamento pulito». Poi nelle piazze d’Italia, con volantini e striscioni in mano al «popolo dei grilli», l’ultima manifestazione il giorno della Befana. E il suo nome, Biondi Alfredo, è sempre irrimediabilmente fra quelli che, ecco, sporcano l’Aula, che «condannati in via definitiva non devono più sedere in Parlamento»: «Due mesi patteggiati per evasione fiscale» recita il blog. «Solo che io, invece, sono incensurato» s’infervora il vicepresidente della Camera e presidente del consiglio nazionale di Forza Italia.
La spiegazione è presto fatta: «Il mio crimine consisterebbe in una contravvenzione per erronea redazione della dichiarazione dei redditi del mio studio professionale. La contravvenzione per cui patteggiai una pena pecuniaria (ammenda) è definita falsamente frode fiscale. Si tratta di un’infamia. Tanto è vero che con decreto legislativo del 2000 (in epoca non sospetta per diverso governo e diversa maggioranza) l’ipotesi contravvenzionale fu abrogata e depenalizzata». Successivamente, spiega l’avvocato-deputato, il tribunale di Genova ha disposto la revoca della precedente decisione disponendo la cancellazione della relativa iscrizione nel casellario giudiziale, perché l’addebito contravvenzionale non costituisce reato. Ergo: «Sono del tutto incensurato».
Mesi fa, Biondi tentò la via che gli pareva più semplice per ristabilire la verità: scrisse una lettera a Grillo, invitandolo a eliminare il nome dalla «colonna infame». Niente. Reagì attraverso le agenzie di stampa. Nulla. Inviò altra documentazione a Grillo. Macché. Era il 24 novembre quando Biondi fece appello al presidente dell’assemblea Pierferdinando Casini, per sottoporre il caso a lui e ai colleghi di Montecitorio: «Non tocca a me giudicare la natura e le finalità dell’iniziativa assunta dal comico, né la liceità di tale comportamento. Mi premeva però dirvi che non ho sporcato né il Parlamento, né le istituzioni che ho avuto l’onore di rappresentare, respingendo con sdegno la mia inserzione nella “colonna infame“ che è stata portata al pubblico ludibrio, in Italia e all’estero». Già allora, l’onorevole azzurro scandì che avrebbe valutato se «assumere determinazioni a tutela della onorabilità mia e della Camera cui appartengo da otto legislature, confortato dalla fiducia dei miei elettori». Aggiungendo la propria amarezza perché «Grillo se la prende proprio col sottoscritto che, oltre tutto, gli ha fatto evitare il carcere e altre pesanti conseguenze di carattere penale difendendolo all’epoca del processo per omicidio seguito all’incidente di Limone Piemonte». Era il 1980 quando, in un tragico incidente, persero la vita tre persone a bordo del fuoristrada guidato da Grillo finito in una scarpata. Grillo, che venne condannato a un anno e tre mesi per omicidio colposo, proprio sul blog la mette così: «Io ne ho piene le tasche di dovermi giustificare. Ho avuto un incidente di macchina, guidavo io, mi sono salvato per miracolo ma sono morte tre persone che erano con me e sono stato condannato. Non mi candiderò al parlamento. Voglio dedicarmi, insieme a chi ci crede, a iniziative positive.

Se mi seguirete continuerò quest’opera di controinformazione». Biondi invece annuncia la controdisinformazione. Ha già iniziato a raccogliere i nomi dei «grilli» comparsi sui giornali, cui chiederà un risarcimento danni.

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