Le diseguaglianze parte della vita: negarle è diseducativo

Al fondo di tanti dibattiti del nostro tempo (si pensi agli scontri ideologici sulla riforma sanitaria americana) c’è il contrasto tra libertà ed eguaglianza, tra quanti ritengono che si debba difendere l’autonomia dei singoli, anche se produce differenze, e coloro che invece sono pronti a limitare ogni spazio di scelta e decisione proprio al fine di evitare esiti anti-egualitari. E non c'è dubbio che quella prevalente è una cultura che punta a ridurre le distanze.
Quando poi si discute dei giovani, il tabù egualitario si fa particolarmente forte. L'idea di imporre a tutti il grembiule, ad esempio, nasce proprio dalla preoccupazione di far sì che, quanto meno a scuola, non ci sia chi veste bene e chi veste male, chi porta abiti firmati e chi no. Lo scrupolo è comprensibile e anche nell'episodio dei due viaggi scolastici - uno di qualità e l'altro invece «low cost» - chi critica la scelta dell'istituto di Pordenone lo fa in ragione della legittima preoccupazione di non causare umiliazioni. L'argomento, però, non persuade.
È infatti chiaro che la società odierna tende a rifiutare la realtà: come però insegnava Murray Rothbard, l'egualitarismo rappresenta una forma di rivolta contro la natura. Si potrà anche usare il grembiule per coprire gli abiti, e si potrà anche andare tutti insieme a Monaco, evitando il viaggio di serie A e quello di serie B. Ma poi non si potrà impedire ad alcuni di andare in vacanze alle Maldive invece che a Riccione, comprare una Ferrari invece che una Volkswagen.
In qualche modo, nell'ossessione egualitaria vi è una conferma dell'atteggiamento che porta i genitori ad affrancare i figli da ogni difficoltà: si tratti della rinuncia a un oggetto o della visita a un parente defunto. Si vorrebbe far credere loro che la vita possa essere un percorso senza ostacoli e che nulla intralcerà mai i loro piani. Ma non è così.
In una società libera le risorse sono variamente distribuite e per giunta non è affatto detto che chi s’impegna di più sarà premiato. Un vero percorso formativo deve però portare ad accettare l'idea che qualcuno può andare a Londra e qualcun altro deve accontentarsi di Monaco. Nessuno oggi accetterebbe un ordine sociale in stile Barry Lyndon (o anche Orgoglio e pregiudizio), ma questo non esclude che le differenze permangano. Negarlo significa imbrogliare i ragazzi e illuderli che tutto è sempre possibile e anzi garantito.
Dinanzi alle diseguaglianze i giovani sentono spesso disagio: in parte in ragione dei dogmi culturali che permeano la nostra società e in parte a causa di un forte desiderio di essere gli uni vicini agli altri. Nella mia personale esperienza ricordo di essermi sentito - alle scuole elementari e medie - nella condizione di chi si trovava ad essere un poco «privilegiato» (e questo certamente può allontanare dal gruppo) e negli anni seguenti, invece, nella situazione opposta.

Sono difficoltà che vanno vissute e aiutano e diventare grandi, soprattutto se si sa relativizzare il tutto e s'impara ad essere amico del compagno di banco indipendentemente dai vestiti che indossa e dalla gita a cui partecipa.

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