Cultura e Spettacoli

DISTRETTO, PIÙ SENTIMENTI CHE INDAGINI

DISTRETTO, PIÙ SENTIMENTI CHE INDAGINI

È partita la quinta serie di Distretto di Polizia (martedì su Canale 5, ore 21), una di quelle fiction di genere poliziesco-familiare che rappresentano una caratteristica tipicamente italiana. Bastava leggere sui giornali dei giorni scorsi come veniva presentato lo sviluppo narrativo dei nuovi episodi: «In questa stagione Giulia Michelin diventa mamma di Paoletto, Giorgio Tirabassi continua la sua love story con Valeria Milillo, Ricky Memphis e consorte adottano il piccolo Pietro, Marco Mazzocca non fa che pensare a Irma, Simona Corrente fa amicizia con Giulia Bevilacqua, mentre la relazione tra Daniela Morozzi e Gianni Ferreri prosegue come al solito tra alti e bassi». Uno legge e si chiede: ma sto per vedere una serie poliziesca o una sorte di Beautiful alla romanesca? È un distretto di Polizia o un set che fa il verso a Incantesimo? In realtà ci siamo ormai abituati un po' tutti al poliziesco familiare, o al familiarpoliziesco, chiamiamolo come vogliamo. E in fondo va a merito di questa serie ben consolidata se ci siamo dimenticati delle ironie iniziali che accompagnarono le prime puntate del Distretto le quali, a furia di dialoghi romanocentrici all'insegna del «famo», «semo», «nnamo», ci fecero capire subito che aria tirava da quelle parti. Adesso che dopo Papa Wojtyla anche il presidente Ciampi si è convertito al dialetto romanesco, hai voglia di continuare a ironizzare sulla parlata imperante nel Distretto e sul suo carattere regional popolare. Ormai si può dire, anzi, che proprio le componenti ruspanti di questa fiction si sono rivelate sempre più vincenti anziché limitanti, hanno bucato il video e creato simpatia nel pubblico. Merito di una squadra di attori affiatati e comunicativi che hanno saputo far gruppo, e di due caratteristi super come Ricky Memphis e Giorgio Tirabassi che tirano la volata a tutti gli altri colleghi. Ovvio che il versante sentimental familiare delle vicende faccia passare in secondo piano la sostanza del racconto poliziesco, che come spesso avviene in questo tipo di lavori serve più che altro da pretesto per far risaltare il lato umano dei personaggi. Ma se si chiude un occhio sulla sbrigatività delle indagini e delle connessioni logiche ci si trova di fronte a una fiction ben carburata, gradevole e impermeabile al periodico turn over della «commissaria». Che ci sia in scena Isabella Ferrari o Claudia Pandolfi non fa differenza, sono brave e credibili entrambe. Tanto che nell'episodio di debutto di questa nuova serie, allorché la commissaria Pandolfi viene ferita gravemente da un colpo di pistola sparato da un delinquente, lo spettatore può aver pensato che stesse per arrivare di nuovo la Ferrari a sostituirla.

Magari per il tempo della degenza ospedaliera.

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