Roma - «Abbiamo i tempi tecnici per far ripartire il campionato da questo weekend». Il commissario straordinario della Figc Pancalli, lo ha detto nella conferenza stampa successiva al vertice con i ministri Amato, Melandri e il sottosegretario alla Giustizia Scotti (Mastella è influenzato) e con il capo della Polizia De Gennaro. Ma di fatto lo stop imposto al calcio rischia di limitarsi a una sola settimana, con buona pace dei proclami del titolare del Viminale che aveva minacciato di «chiudere col calcio». Ma la partitissima Inter-Roma, l’unica che conta ancora nella lotta per lo scudetto, si giocherebbe (quando si giocherà) a porte chiuse perché San Siro non è in regola. L’incontro di ieri, infatti, ha posto il sigillo sulla serie di misure anti-violenza che, come ha spiegato il sottosegretario Enrico Letta, prevedono la «conferma e il rafforzamento del decreto Pisanu». Domani una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri emanerà un decreto legge che consentirà l’apertura al pubblico solo degli stadi a norma. Negli altri si giocherà a porte chiuse. Inoltre sarà vietato vendere biglietti in blocco alle tifoserie ospiti e si abbasserà ulteriormente la soglia di spettatori (da 10mila a 5-7mila) in base alla quale gli stadi devono dotarsi di misure di sicurezza standard come i tornelli per canalizzare gli ingressi.
Dal punto di vista della repressione, Amato ha messo l’accento sull’introduzione del «daspo preventivo»: il divieto di accesso agli stadi sarà esteso anche ai soggetti potenzialmente pericolosi, minorenni inclusi (questo comunque non comporterà la loro responsabilità penale) e la durata massima sarà allungata da tre a 10 anni, come in Inghilterra. «Bisognerà rafforzare la prescrizione, che ora è solo quella di firmare, con prestazioni di servizi utili alla società come pulire scritte sui muri o i gabinetti nelle ore di svolgimento della partita», ha detto Amato. Il termine per l’arresto in flagranza di reato sarà poi differito da 36 a 48 ore.
Il ministro delle Attività sportive, Giovanna Melandri, ha messo in evidenza due altri aspetti del decreto: l’obbligo di interruzione dei «rapporti economici, finanziari e di tipo lavorativo» tra società e associazioni di tifosi. Il ministro diessino ha poi anticipato i contenuti di un disegno di legge delega con il quale si affiderà all’esecutivo il compito di individuare nuove forme di governo degli stadi. In pratica le società dovranno condividere con i Comuni la gestione dello stadio e, sulla base del cosiddetto «modello inglese», garantire la sicurezza all’interno degli impianti con l’assunzione di steward. E il presidente del Coni Petrucci si è subito dichiarato disponibile a formare a proprie spese questo nuovo «corpo di guardia». Scotti ha precisato che nel ddl si inseriranno «aggravanti» o saranno ricostruite «intere fattispecie penali» per i reati commessi durante le manifestazioni sportive. E non si esclude il bando degli striscioni.
Amato ha voluto comunque difendere il suo ruolo di guardiano della linea dura: «Dobbiamo dire “no” alla regola incosciente e criminale del branco. So che è una stravaganza pensare al gioco del calcio senza pubblico, ma è una stravaganza ancor peggiore che qualcuno muoia per qualcosa del genere». Melandri ha assicurato che «la riapertura degli stadi sarà graduale, man mano che saranno a norma». Il sottosegretario Scotti ha precisato che attualmente gli impianti in regola in serie A sono 5 ma il divieto di vendita in blocco dei biglietti agli ospiti fa saltare l’obbligo di parcheggio riservato per i tifosi in trasferta con la possibilità di aprire 7-10 stadi.
Ma nella stessa maggioranza qualcuno ha preso le distanze dal governo. Paolo Cento dei Verdi ha sottolineato che nei provvedimenti ci sono «molte ombre e poche luci» ribadendo una «forte critica verso la riproposizione del pacchetto Pisanu» e sottolineando che bisognerebbe organizzare i tifosi in trasferta «per controllarli meglio» piuttosto che bloccare la vendita dei biglietti.
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