D ella «superiorità morale» berlingueriana ormai non c'è più traccia nel Partito democratico di Matteo Renzi. Quello è un falso mito che appartiene al passato, perché scandali e inchieste investono da tempo il Pd. Dove finora ha regnato la doppia morale: intransigenti con gli indagati di altri partiti e ipergarantisti con i propri iscritti. Un esempio clamoroso si ebbe pochi giorni dopo la formazione del governo. Il sottosegretario Tonino Gentile (Ncd), accusato di aver fatto pressioni su un quotidiano calabrese per impedirne l'uscita, è stato costretto a dimettersi in poche ore. Negli stessi giorni, invece, Francesca Barracciu (Pd) è stata lasciata tranquillamente al suo posto di sottosegretario - come Gentile - nonostante fosse sotto inchiesta per peculato come ex consigliere regionale (33mila euro di spese senza rendiconto). Da notare il fatto che Gentile non era indagato, la Barracciu sì.
Ipocrisie, doppiopesismi, autoassoluzioni. Il Pd ha uno sguardo strabico su chi finisce sotto le attenzioni della magistratura. Ma ora si afferma una variante di questo garantismo a due velocità. Chi ha gli agganci giusti viene difeso, chi ha le spalle meno coperte viene lasciato a se stesso. Per un Giorgio Orsoni costretto alle dimissioni, ecco un Vasco Errani che si dimette e viene pregato di ripensarci. Ma il primo è il sindaco di Venezia coinvolto nello scandalo delle tangenti per il Mose, l'altro è un pezzo grosso del partito, braccio destro di Pier Luigi Bersani in Emilia Romagna. Orsoni non ha molti santi nel paradiso del Nazareno, Errani sì.
Come con Orsoni, il Pd di Matteo Renzi non si è fatto riguardi a votare l'autorizzazione all'arresto del deputato Francantonio Genovese, indagato a Messina per truffa, peculato e riciclaggio. È un altro pesce piccolo. Ma qualche mese prima avevano ancora applicato la doppia morale quando escono varie intercettazioni che riguardano i «compagni che telefonano» e il ministro Anna Maria Cancellieri, colpevole di aver avuto un occhio di riguardo per gli amici della famiglia Ligresti. L'allora Guardasigilli avrebbe dovuto dimettersi seduta stante, ma guai toccare i politici del Pd coinvolti in conversazioni compromettenti. Come le telefonate tra i democratici Giuseppe Mussari, ex numero 1 di Montepaschi, e il deputato pd Franco Ceccuzzi. Oppure le intercettazioni registrate nell'inchiesta Enac che coinvolgono uomini vicini a Bersani.
Ci sono telefonate irrilevanti sotto l'aspetto penale, ma gravi per l'opportunità politica, che non hanno sollevato sopraccigli in casa democratica. Per esempio quella tra il parlamentare Domenico Lucà e un boss della 'ndrangheta per sostenere Piero Fassino a Torino. Oppure quelle di Bari che hanno coinvolto il senatore Alberto Maritati o l'assessore regionale (poi senatore) Alberto Tedesco. Il quale fu arrestato al termine del mandato parlamentare per poi essere prosciolto da ogni accusa.
La doppia, e in certi casi tripla, morale è una costante del maggiore partito della sinistra. Anche l'ex ministro Nunzia De Girolamo, alfaniana come Gentile, è stata sottoposta a un trattamento speciale che l'ha portata alle dimissioni per presunte pressioni sulla gestione della sanità pubblica a Benevento, senza nemmeno aver ricevuto un avviso di garanzia. Viceversa ancora oggi nel governo Renzi siedono tranquillamente un ministro, un viceministro e tre sottosegretari coinvolti in indagini.
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