Politica

Il «Dottor morte» sta male ma non vuole l’eutanasia

Mariuccia Chiantaretto

da Washington

L’hanno soprannominato «dottor morte» Jack Kevorkian, è gravemente malato ma proprio lui, che a chi gliela chiedeva la concedeva, di eutanasia non ne vuol sapere. Mai per sé la morte assistita.
Kevorkian, dal 1999 relegato in una cella della prigione Lakeland in Michigan, dove sconta una condanna a 25 anni per omicidio di secondo grado, ha 78 anni e non si regge più in piedi. Negli ultimi cinque anni, per ben quattro volte gli è stata negata la libertà sulla parola. La prossima occasione per tentare di uscire dal carcere sarà nel giugno del 2007, ma il suo avvocato Mayer Morganroth prevede che per quella data Jack Kevorkian non sarà più tra i vivi.
«Il mio cliente - ha scritto Morganroth - pesa cinquantun chilogrammi ed è una specie di cadavere che cammina. Non ha più energia nemmeno per leggere o scrivere. Se non viene sostenuto cade a terra: si è già fratturato due costole e slogato un polso. Recentemente ha scoperto d'avere il diabete ed è costretto a fare cinque iniezioni di insulina al giorno. Ha anche l'epatite C che si è preso grazie a un esperimento condotto negli anni ’60 quando si fece delle trasfusioni con sangue prelevato da cadaveri». L'uomo che ha aiutato più di 130 persone a morire ha espresso ieri il suo parere contrario all'eutanasia per sé rispondendo, tramite l'avvocato, alle domande di un quotidiano di Detroit. «Non ho mai sostenuto - ha spiegato Kevorkian - il suicidio assistito. Ho sempre e solo perorato la causa di chi, in piena facoltà mentale e libero di scegliere, vuole avere il diritto di non soffrire inutilmente per una malattia terminale». Ribadendo fermamente di non considerare se stesso un candidato per la morte assistita Kevorkian si è poi detto dispiaciuto d'aver violato la legge e ha ammesso che avrebbe dovuto fare di più per promuovere campagne per la legalizzazione della morte assistita anziché praticarla di nascosto su larga scala. Il primo suicidio assistito di Jack Kevorkian risale al 4 giugno 1990.

L' ultimo, quello che l'ha mandato in carcere, avvenne il 17 settembre 1998 quando Thomas Youk, 52, affetto da atrofia muscolare progressiva permise che la sua fine fosse registrata e trasmessa dalla Cbs durante la trasmissione «60 minutes».

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