Draghi: «Con più tasse si blocca la crescita»

Biggeri (Istat): «Verso una forte ripresa economica». Decreto Bersani, governo pronto a porre la fiducia

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il governo è pronto a «blindare» il decreto Bersani-Visco in Parlamento ricorrendo alla questione di fiducia. Lo ha annunciato ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, mentre le commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato erano impegnate in un’audizione del governatore di Bankitalia, Mario Draghi. «La manovra è per noi decisiva e se sarà necessariala fiducia, la porremo senza battere ciglio», ha affermato Chiti ricordando che in commissione Bilancio al Senato sono stati presentati oltre 1.100 emendamenti (550 solo dall’Unione). E vista l’esigua maggioranza, ancora una volta la soluzione prospettata è quella che consente di bypassare un tormentato dibattito parlamentare.
Le parole del ministro diessino hanno assunto una rilevanza ancora maggiore perché pronunciate in contemporanea con l’audizione di Mario Draghi sulle previsioni del Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef). Il governatore non si è sbilanciato in un giudizio di merito, ma ha indicato alcune priorità ineludibili per la politica economica.
«Per incidere sulla dinamica delle spese primarie correnti - ha rilevato Draghi - sono necessarie riforme in grado di innescare cambiamenti nei comportamenti degli utenti e dei centri di spesa che consentano significativi recuperi di efficienza nella fornitura dei servizi pubblici». L’unica strada percorribile, secondo il governatore, è «affrontare con misure strutturali i quattro principali comparti di spesa»: sanità, pensioni, enti locali e pubblica amministrazione. Prioritario quindi è «rafforzare il legame fra responsabilità di spesa e copertura finanziaria» della spesa sanitaria delle Regioni. In secondo luogo, l’innalzamento dell’età pensionabile e lo sviluppo della previdenza complementare possono «rendere sostenibile il sistema previdenziale. In ultima istanza, sono necessari tanto il monitoraggio delle spese della pubblica amministrazione quanto la fissazione di nuove regole che vincolino gli enti pubblici al pareggio di bilancio al netto degli investimenti.
Insomma, un’analisi asettica di un Dpef «che va nella giusta direzione» in attesa della prossima Finanziaria. Su un punto Draghi ha utilizzato un’inaspettata sfumatura tremontiana. «Ci sono alcuni - ha sostenuto - che ritengono che più tasse equivale a più crescita. Io invece sono convinto che a meno tasse corrisponde maggiore crescita». Il governatore ha affermato che «va avviato con decisione un processo di graduale riduzione della pressione fiscale», ma prima «bisogna recuperare base imponibile e ridurre la spesa primaria» pena «ulteriori interventi di inasprimento del prelievo». Una posizione non distante dagli auspici del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Al quale è stato rivolto un invito al rigore e al rispetto degli impegni a riportare sotto il 3% il rapporto deficit/pil. E anche il presidente dell’Istat, Luigi Biggeri, in un’audizione ha sottolineato che «ci sono le basi per il rafforzamento della ripresa economica nella restante parte dell’anno». L’appoggio più entusiasta alle parole di Draghi è giunto dal presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo. «Totale sintonia» su tagli alle spese e innalzamento dell’età pensionabile. Alla sponda confindustriale ha fatto da contraltare il ressentissement della sinistra radicale. «È inaccettabile la politica dei sacrifici», ha tuonato il capogruppo alla Camera del Prc, Gennaro Migliore.

«Non sia Montezemolo a dettare la linea economica del governo», ha detto Dino Tibaldi del Pdci. Padoa-Schioppa lo aveva detto. In materia di welfare «è ancora possibile» che il governo possa cadere sotto gli strali dell’estrema sinistra.

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