Il dramma di Brown, a picco nei sondaggi

Il leader del Labour abbandonato dalla media borghesia inglese e attaccato anche dai suoi

da Londra

Sette punti di vantaggio, un risultato così i Tories l’avevano raggiunto per l’ultima volta quindici anni fa. Nell’era Blair un ex equo nei sondaggi poteva già dirsi un successo ed era un trionfo se il nuovo leader risultava il politico più sexy del momento. Adesso però David Cameron non si accontenta più di essere il più carino, vuole vincere le prossime elezioni e, a quanto dimostra l’ultima indagine di mercato effettuata per il Sunday Telegraph, ha tutte le carte in regola per provarci. Il nuovo sondaggio mostra infatti i conservatori in testa con il 43% dei consensi e i laburisti in caduta libera al 36%, staccati di ben 7 punti. Malissimo anche i liberaldemocratici - esclusi già ora da un’eventuale partita elettorale - che a malapena raggiungono un risicato 14%. Ma queste cifre sono soprattutto il sintomo della crisi maturata all’interno del Labour guidato da un leader che ancora non convince e che sembra non essere riuscito a portare nel partito quella rivoluzione promessa dopo le dimissioni di Tony Blair. E adesso questo scozzese riservato e poco “cool” si ritrova ad affrontare le critiche di un’opinione pubblica scontenta e gli attacchi che alcuni fedelissimi blairiani come Charles Clarke, Stephen Byers e Alan Milburn, si preparano a sferrargli con un serie di interviste e discorsi apertamente ostili alla sua politica un po’ troppo cauta e poco innovativa.
A incominciare è stato nientemeno che Lord Charles Falconer, ex segretario alla Giustizia e intimo amico dei Blair, che ieri ha invitato il primo ministro britannico a mettere nero su bianco i suoi programmi per il governo e per il Paese. «Rinnovamento non significa solamente cambiare la guida del partito - ha spiegato lord Falconer sul Times online in una critica neppure troppo velata alla mancanza di idee nuove da parte del nuovo Premier -, se ci limitiamo a confidare nella nostra capacità di superare le crisi e non iniziamo a esporre nei prossimi mesi le nostre intuizioni per la Gran Bretagna del futuro, una visione che rappresenti una politica progressista e innovativa, allora offriremo soltanto immobilismo e non una guida. Offriremo il passato - ha concluso Falconer - e non il futuro».
Per Brown e il suo partito questo è senza dubbio il momento peggiore da quando, a giugno, Gordon ha fatto il suo ingresso al numero 10 di Downing Street. Il nuovo sondaggio del Telegraph ha rivelato una straordinaria inversione di tendenza dell’elettorato nei confronti del principale partito d’opposizione. Sebbene la maggioranza ritenga ancora che tra i due leader quello più affidabile sul piano politico sia Brown, i conservatori si sono guadagnati la stima della media borghesia con alcune proposte di grande effetto. Soltanto due settimane fa i laburisti dominavano ancora la scena politica con undici punti di vantaggio, ma poi i conservatori hanno promesso di azzerare le tasse di successione una volta al governo e si sono aggiudicati gli entusiasmi di una larga fetta della middle class britannica attualmente costretta a indebitarsi fino al collo per acquistare una casa che i figli dovranno finire di pagare.
Poi c’è stata la questione del referendum sulla Costituzione Europea. Brown difende il nuovo trattato e glissa su un eventuale voto referendario mentre i sondaggi spiegano chiaramente che la maggior parte degli inglesi vorrebbe esprimere la propria opinione sull’argomento. A questo proposito il leader conservatore ha accusato il Primo ministro di aver tradito la fiducia degli elettori e la democrazia stessa rifiutandosi di indire un referendum.

Ma probabilmente ciò che più ha fatto infuriare l’opinione pubblica è stato un autogol dello stesso Brown, con quel dietrofront poco coraggioso che lo ha portato a rinunciare alle elezioni anticipate.
Brown ha dichiarato di non essere stato in alcun modo influenzato dai sondaggi che vedevano il partito laburista in calo, ma molti hanno letto in quest’ultima azione una certa codardia politica.

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