MÈ la volta di Tristane Banon. La scrittrice e giornalista francese, 32 anni, ha deciso di denunciare Dominique Strauss-Kahn per tentato stupro. Lo ha annunciato ieri l’avvocato della donna, David Koubbi, al sito Internet del settimanale L’Express. Poche ore dopo la pubblicazione della notizia è arrivata la contromossa di Dsk, che denuncerà a sua volta la Banon per calunnia. Lo hanno reso noto i suoi avvocati francesi. Strauss-Kahn, si legge in un comunicato, «ha preso conoscenza dell’intenzione di Tristane Banon di presentare una denuncia nei suoi confronti», ma i fatti di cui parla sono «immaginari». Per questo l’avvocato Henri Leclerc e la sua associata Frederique Baulieu «sono stati incaricati di preparare una querela per denuncia calunniosa nei confronti della signora Banon».
L’aggressione cui fa riferimento la scrittrice risalirebbe al febbraio del 2003. Durante un’intervista l’ex numero uno del Fmi avrebbe tentato di violentare la giovane scrittrice. Un’accusa che arriva proprio all’indomani della scarcerazione del politico francese nell’ambito di un’altra inchiesta nata dalla denuncia (poi smontata) di una cameriera d’albergo di New York.
«La mia cliente - ha spiegato Koubbi - sporge denuncia per tentativo di stupro nei confronti di Strauss-Kahn. Domani (oggi, ndr) depositerò la denuncia in tribunale, che la riceverà mercoledì mattina. Banon ha realmente subito ciò di cui accusa Strauss-Kahn, ciò significa che in qualità di vittima la legge le consente di esercitare i suoi diritti, chiedendo un risarcimento davanti alla giustizia francese. I fatti non riguardano un’aggressione sessuale ma un tentativo di stupro, per il quale la prescrizione è di dieci anni». La Banon aveva già raccontato l’episodio nel 2007, durante una trasmissione televisiva, ma in quel caso il nome del politico accusato era stato coperto da un «bip». La donna aveva detto di essersi «battuta» con l’aggressore, di avergli «tirato dei calci» mentre lui le aveva «sganciato il reggiseno» e aveva tentato di aprirle i jeans. Oggi la versione cartacea dell’Express pubblicherà un’intervista in esclusiva alla donna. Il legale della giornalista ha aggiunto che, a differenza delle accuse mosse a Dsk negli Usa, il dossier francese è «solido e documentato. Ciò che succede negli Stati Uniti non ci riguarda, lo ribadisco - ha aggiunto Koubbi -. Se (negli Usa, ndr) il dossier dell’accusa è vuoto, il nostro non lo è affatto. Che sia ben chiaro, non sono stato contattato da alcuna personalità di destra, non sono al soldo di nessuno. Il timing mediatico non è il nostro timing giudiziario».
In passato la Banon aveva annunciato di voler aspettare la fine del processo americano, prima di sporgere la propria denuncia. Ora ha deciso di farsi avanti. In un’anticipazione dell’intervista dichiara che vedere Dsk libero, «andare subito a cena in un ristorante di lusso con gli amici, mi fa star male». La donna aggiunge dettagli sulla presunta aggressione: «Quando sono entrata in quell’appartamento (per l’intervista, ndr), mi sono sentita subito a disagio. Abbiamo cominciato a parlare un po’, mi ha proposto un caffè, ho tirato fuori il mio registratore, poi ha voluto che andassimo sul divano e che gli tenessi la mano per rispondere alle domande. “Altrimenti non ci riesco”, mi ha detto. Me ne sono voluta andare. Lui ha spento il registratore, mi ha afferrato per la mano poi per il braccio, gli ho detto di lasciarmi, e a quel punto è scoppiata la rissa». La Banon chiama anche in causa uno dei candidati della sinistra alle presidenziali 2012, François Hollande, che «conosce la storia. Voglio solo - conclude - che Dsk torni in Francia con la presunzione di innocenza per andare insieme in tribunale».
Intanto, sul fronte politico, il possibile ritorno di Strauss-Khan ha sparigliato le carte a sinistra. «Esprimerà le sue intenzioni quando vorrà - ha detto la leader socialista Martine Aubry -, ma se deciderà di tornare come candidato dalla nostra parte, nessuno proverà a opporsi usando un calendario». Esattamente il contrario però ha affermato Benoit Hamon, portavoce del partito socialista: «Non possiamo basare il calendario politico che interessa milioni di francesi sul calendario giudiziario americano».
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