Possiamo rendere le cose molto complicate, ma la realtà è che ogni crisi finanziaria nasce dalla circostanza che qualcuno ha fatto troppi debiti. Ha esagerato. Certo qualcuno deve averglielo permesso. Ma il punto finale è sempre il medesimo: spendere più di quanto si ha prima o poi crea qualche problema.
Il processo di riduzione dei debiti americani è in corso da tempo. I cittadini spendono di meno, le banche sono più accorte. Dalle nostre parti il problema non è mai stato quello dei consumatori spendaccioni. La tradizione latina è diversa: si risparmia molto e si spende con il contagocce. Ma c’è un grande effetto collaterale. Gli Stati, le finanze pubbliche spendono al posto dei privati. Talvolta lo fanno raccogliendo le imposte e talaltra spendono a debito. E cioè (un po’ come fa oggi l’amministrazione Obama) consumano ciò che non hanno. A fin di bene, dicono i funzionari del tesoro di mezza Europa. Si spende per mantenere la produzione di auto in casa, si spende per pagare gli stipendi pubblici, si spende per le infrastrutture, si spende per la ricerca, si spende per la scuola, la sanità. Insomma la lista è lunga. Ma il principio è semplice: i cittadini sono sobri nei loro consumi, e i loro governanti lo sono molto meno. Per questo motivo l’Italia negli anni passati ha conseguito il poco invidiabile primato del debito pubblico: i suoi politici hanno speso ciò che i cittadini hanno risparmiato, anzi di più.
Ebbene, la grave crisi che dagli Usa si è propagata in Europa ha visto ampliarsi questo vizietto latino. Con la nobile eccezione proprio dell’Italia che non ha sfasciato i propri conti. Portogallo, Spagna e Grecia, ma anche Irlanda, Germania e Francia, hanno speso a più non posso. Così facendo hanno dato qualche sollievo ai propri cittadini, ma hanno compromesso le proprie finanze pubbliche: deficit e debito sono balzati.
Ieri il mercato sembra essersene accorto. Se oggi un risparmiatore che avesse investito 10mila euro in titoli di stato greci volesse stipulare una polizza, un’assicurazione contro il fallimento di quello Stato, dovrebbe sborsare più di 420 euro. Si tratta di un premio gigantesco: insomma non ci sono in giro molti assicuratori della Grecia. Non ci si fida più di quel Paese: si teme che possa non pagare il proprio debito, sullo stile Argentina. Assicurarsi i titoli pubblici portoghesi è salito al 2,3 per cento del valore comprato (230 euro per 10mila in titoli, nel nostro esempio), in Spagna è balzato all’1,68 per cento. Noi siamo stati trascinati da questa ondata di preoccupazione (abbiamo pur sempre un grosso stock di debito) ma la nostra polizza è ancora relativamente bassa, intorno all’1,3 per cento.
Ieri i mercati hanno dato un segnale d’allarme: hanno persino venduto l’euro, temendo che possa saltare la sua costruzione.
E adesso a far paura sono i debiti pubblici
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