Barack Obama è in forte rimonta nei sondaggi su scala nazionale e Hillary Clinton evidentemente non gradisce. Così il duello tra i due candidati per ottenere la nomination democratica si fa sempre più duro, sempre più sporco, fino a toccare, sebbene solo di sponda, un soggetto tabù: la razza.
A dare il là è stato, la scorsa settimana, Obama, che ha accusato l’ex first lady di aver "pronunciato parole infelici e sconsiderate su Martin Luther King", riferendosi a un’intervista in cui Hillary aveva detto che "il sogno del leader del movimento per i diritti civili cominciò a divenire realtà quando il presidente, Lyndon Johnson, fece approvare la legge sui diritti civili, nel 1964. C’è voluto un presidente per realizzarlo".
Una frase che a molti elettori afroamericani è parsa come un tentativo, offensivo, di ridimensionare l’importanza del leader nero, rivalutando al contempo l’influenza di un presidente bianco.
La polemica, iniziata in sordina prima del voto nel New Hampshire, è cresciuta con il passare dei giorni, costringendo la Clinton a tornare sull’argomento. In gioco il voto dell’elettorato di colore che in certi Stati del sud è decisivo. Hillary ha accusato il suo rivale di «aver deliberatamente travisato e strumentalizzato le sue parole», augurandosi che «questa campagna non diventi razziale». Poi ha reso omaggio a Martin Luther King e ha fatto intervenire Robert L. Johnson, fondatore di Black Entertainment Television (Bet), la tv afroamericana, che ha sparato bordate contro Barack («Sembra Sidney Poitier nel film Indovina chi viene a cena?») e ha elogiato «l’impegno di Bill e Hillary nella lotta per i diritti dei neri in un’epoca in cui Obama faceva chissà cosa nel suo quartiere, e non dirò cosa stesse facendo, ma lo ha detto lui nel suo libro».
Una frase velenosa, che molti hanno interpretato come un riferimento all’uso di droghe in gioventù ammesso dallo stesso Barack. Johnson ha poi precisato che non era questa la sua intenzione, ma pochi gli hanno creduto. Anche perché nel frattempo è sceso in campo Bill Clinton che ha accusato il senatore di Chicago di essere «un contafrottole» riguardo la sua opposizione alla guerra in Irak.
Colpi bassi a cui Obama ha risposto ribadendo le critiche a Hillary, spalleggiato, a sorpresa, dall’altro candidato John Edwards che, senza mai nominare l’ex first lady, ha dichiarato che «chi ritiene che il reale cambiamento inizi con i politici di Washington è stato nella capitale per troppo tempo e vive in una favola per bambini». Barack ha fatto scendere in pista anche la moglie Michelle: è stata lei a rintuzzare gli attacchi di Bill Clinton con un’altra frase ad effetto: «Non sono sicura che l’America sia pronta ad avere un presidente nero».
Per capire le ragioni di tanta effervescenza basta dare un’occhiata ai sondaggi: l’effetto New Hampshire, che aveva messo le ali alla Clinton, sembra già
svanito. Venerdì scorso era in testa di 13 punti, ma ieri - secondo il sondaggio di Abc e Washington Post - il distacco si è ridotto a 5 punti (42 a 37%). La partita è aperta e Barack Obama vuole giocarsela fino in fondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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