E l’Alitalia mette all’asta la sua collezione

Prima che il «made in Italy» si identificasse con i prodotti industriali - abbigliamento, arredamento, alimentari, meccanica - l’Italia esportava soprattutto cultura. Negli anni Cinquanta e Sessanta in tutto il mondo si faceva la fila ai botteghini delle sale da concerto per assistere alle esibizioni dei Virtuosi di Roma, diretti da Renato Fasano, l’orchestra da camera che ha fatto conoscere Vivaldi e Scarlatti nei Paesi più lontani. Negli stessi anni l’Alitalia esponeva sui propri aerei il meglio dell’arte italiana contemporanea e la portava nei cieli, trasformando gli aerei in gallerie itineranti; con i quadri degli artisti italiani la compagnia arredava poi le proprie sedi estere e allestiva mostre, come quella del 1961 a New York, che diventavano eventi cultural-mondani internazionali.
A quell’epoca viaggiare in aereo era un fatto d’élite, i voli intercontinentali erano lunghi e spezzati dagli scali, e a bordo non esisteva intrattenimento. Fu un pittore di fama, Corrado Cagli, a proporre alla compagnia di bandiera di ricorrere all’arte per rendere il volo più gradevole e per sensibilizzare il senso estetico dei passeggeri. L’idea ebbe successo e ben presto l’Alitalia cominciò a comporre una propria collezione di quadri, incisioni, litografie che diventò, negli anni, un interessante patrimonio aziendale. Per la sede di Parigi, costruita nel 1954, fu commissionato al futurista Gino Severini, uno dei nomi italiani più internazionali a quell’epoca, un grande pannello di tre metri per quattro, una parete intera: quello «Zeus partorito dal sole» ora è stimato 350-450mila euro ed è il pezzo più importante dell’asta voluta dal commissario straordinario della (vecchia) Alitalia, per raccogliere altre risorse da distribuire tra i creditori della compagnia fallita.
L’asta di oggi (Finarte, palazzo Patrizi in via Margutta 54 a Roma, ore 21) è il segno dei tempi cambiano. Oggi l’arte che ha volato sulle ali del successo italiano viene dispersa tra collezionisti e curiosi. I lotti sono 187, tra questi ci sono opere di Balla, Fontana, Burri, Vedova, Gentilini, De Pisis, De Chirico, Casorati, Campigli, Soffici: i nomi che hanno «fatto» l’arte italiana del Novecento. Pochi, pochissimi i soggetti aeronautici: si tratta di un’ampia galleria di opere non «a tema». Molti sono multipli, tutto è stato certificato autentico a cura di Finarte (un Fontana è risultato falso e non è in vendita) e le stime sono talvolta veramente basse (la valutazione complessiva è di circa 750mila euro). Questo per più motivi: molti fogli o cartoni sono leggermente rovinati, spesso incollati su pannelli, a causa dell’uso cui erano chiamati; poi, ai diritti d’asta andranno aggiunti l’Iva del 20% e il 4% di diritto di seguito, così che il prezzo di battuta lieviterà di circa il 50% tra commissioni, diritti e tasse; infine, si è voluto rendere deliberatamente allettanti le opere offerte. Del resto, 50-70 euro per un olio di Ernesto Treccani, 20-70 euro per litografie di De Chirico, Campigli e Ardengo Soffici, appaiono veramente stime infime. Finarte, grazie alle migliori condizioni offerte in termini di commissioni, servizi, catalogo, ha ottenuto l’incarico dal commissario battendo colossi come Sotheby’s e Christie’s. L’asta di stasera ha un tale valore di «vetrina» che il titolo di Finarte, quotato alla Borsa di Milano, alla notizia dell’incarico affidato dall’Alitalia in liquidazione, ha fatto in un’unica seduta (il 16 settembre) un balzo del 25%.


Non risultano precedenti di aste di questo tipo in campo aeronautico (sono frequenti invece nel settore marittimo). Anni fa a Parigi furono messe all’asta tutte le suppellettili del Concorde - stoviglie, tovaglie, antimacassar - che alla fine del 2003 concluse, dopo 27 anni, il suo onorato servizio di jet supersonico.

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