E le leggi razziali zittirono lo swing del Trio Lescano

In due puntate la storia delle cantanti che dominarono gli anni Trenta prima di essere accantonate perché ebree. Con brani leggeri distraevano il pubblico proprio dalle tragedie da cui saranno travolte

E le leggi razziali zittirono lo swing del Trio Lescano

Il sogno che si trasforma in realtà, nonostante la ferocia dell’animo umano, nonostante il fascismo. E poi il sogno infranto a causa delle leggi razziali e delle persecuzioni. È la storia quasi dimenticata del Trio Lescano, una vicenda dal sapore agrodolce che non lascerà indifferente il pubblico di Raiuno oggi e domani sera. Intitolata Le ragazze dello swing, la fiction farà conoscere al pubblico tre volti che non dicono più nulla. Tre nomi che spiegano ancora meno. Ma basterà ascoltare quelle voci - quell’impasto inconfondibile ed armonico di timbri diversi - per ricordarsi di loro. Di Alexandra, Judith e Kitty: tre ragazze che, nate in Olanda col cognome Leschan, divennero popolarissime nell’Italia degli anni ’30 e ’40 come una «ditta» tricolore ed unica. La loro storia per molti aspetti è ancora misteriosa, non si conosce bene il loro rapporto con il fascismo, con Benito Mussolini sincero ammiratore, né le vere ragioni del loro arresto nel 1943.
«Quando ne parlo, molti si stupiscono che non fossero italiane - riflette il regista Maurizio Zaccaro - forse perché italianissimo era il suono delle loro voci: un amalgama armonioso costruito con alto virtuosismo sul ritmo sincopato di gran moda allora: lo swing».
Ma nella fiction, non c’è solo l’aspetto musicale, ma anche un appassionato affresco dell’Italia durante il Ventennio. Prodotta dalla Casanova di Luca Barbareschi insieme a Rai Fiction, è stata presentata in anteprima nei giorni scorsi a Torino al Prix Italia. «L’idea è stata di Gabriele Eschenazi - racconta ancora il regista -. Nonostante l’esiguità del materiale sulle tre ragazze olandesi, infatti, abbiamo capito che la loro sarebbe stata una storia esemplare delle speranza e del dramma che gli italiani vissero durante gli anni del regime». Le tre Leschan - interpretate col loro accento originale da tre attrici straniere, l’ungherese Andrea Osvart e le olandesi Lotte Verbeek ed Elise Schaap - e ribattezzate Lescano a causa della censura sui nomi stranieri - erano le dream girls di allora. Grazie a motivi forse scioccherelli, ma irresistibilmente orecchiabili come Maramao perché sei morto o Non dimenticar le mie parole, qui ripresi da un terzetto vocale d’oggi, le New Dolls («Usare le incisioni originali avrebbe contrastato colla modernità delle immagini», dice Zaccaro), contribuirono ad alleggerire, talvolta a distrarre, gli italiani dalle tragedie che si addensavano all’orizzonte. E che travolgeranno loro stesse: scoperta l’origine ebraica della madre, le tre furono ostracizzate dall’Eiar (la Rai dell’epoca), liquidate dalla Cetra che dovette scindere il contratto nonostante le vendite eccezionali per quell’epoca, tratte in arresto per cadere infine nell’oblio. Le sorelle vennero condotte a Genova nel carcere di Marassi. L’atto di accusa sosteneva che attraverso le loro canzoni mandassero messaggi in codice al nemico. A esempio, si disse che Maramao perché sei morto fosse una parodia dolce-amara della vicenda di Galeazzo Ciano.


Nonostante il regista Zaccaro abbia ricordato di essersi trovato in difficoltà per mancanza di documenti, per cui «è stato difficile colmare le lacune della trama» e si è dovuti ricorrere come Manzoni ad unire il «vero poetico» al «vero storico», il risultato ottenuto sembra stavolta aver autorizzato la tendenza - solitamente deplorevole - secondo la quale la fiction riscrive, falsandola troppo, la realtà. In questo caso, anche grazie all’accurata scelta dei volti - Sergio Assisi, Marina Massironi, Giuseppe Battiston - ne è uscito un prodotto verosimile e accattivante.

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