Cultura e Spettacoli

E Mamet disse addio alla sinistra (facendola a pezzi)

Il libro di Mamet parla dei miti dell'uguaglianza, della redistribuzione, della cultura, dell'istruzione, dell'università e del razzismo come solo un nuovo liberale può fare

E Mamet disse addio alla sinistra (facendola a pezzi)

Esattamente quattro anni fa ad agosto, iniziammo sul Giornale la pubblicazione a puntate di un incredibile libro del regista e sceneggiatore americano (e tanto altro) David Mamet. Il testo lo avevamo letto in inglese e si intitola The Secret Knowledge (Sentinel). Lo traducemmo come Diario di un liberale nuovo di zecca . Sottotitolo: Come ripudiare la sinistra e vivere felici . Ogni settimana a corredo del capitolo di Mamet, il commento di uno dei nostri grandi liberali. Ve lo avevo promesso la settimana scorsa: Mamet, si parva licet , è la continuazione ideale dell'oppio degli intellettuali di Aron. Non ne ha ovviamente la struttura e la densità culturale, ma se volete è in possesso di una forza e un'attualità maggiore. Il libro è la cronaca di un ex liberal, un teatrante, un cinematografaro della Grande Mela, che molla i suoi compagnucci di viaggio e ne svela le ipocrite convinzioni. Mamet molla la sinistra americana dopo aver letto Hayek e lo fa ad alta voce, «sputtanando» tutti i suoi vecchi idoli. Brecht? «Amavo le sue opere e la sua condanna del capitalismo. Più tardi mi è venuto in mente che anche le sue opere erano protette proprio dal diritto d'autore e che anche lui viveva (con i suoi agi in Svizzera) grazie ai meccanismi del libero mercato». Molti intellettuali «si dichiarano comunisti perché è vincente dal punto di vista commerciale». E ancora: «Le buone cause della sinistra sono come quelle gare che si corrono nei circuiti americani: offrono l'eccitante occasione di vedere le auto che girano in cerchio, ma non vanno da nessuna parte». Infine: «Il mio essere liberal era come la dipendenza dal gioco d'azzardo»: quando inevitabilmente si perde, si cerca un metodo migliore per ottenere ciò che si considerava religiosamente certo e cioè vincere.

Il libro di Mamet parla dei miti dell'uguaglianza, della redistribuzione, della cultura, dell'istruzione, dell'università e del razzismo come solo un nuovo liberale (e non neoliberale come qualcuno in modo sprezzante considera i liberali classici) può fare: senza alcun timore reverenziale nei confronti della sinistra più à la page . Al contrario il tono di Mamet, un premio Pulitzer che ha saputo scrivere Gli intoccabili , è ironico, irriverente. Sembra quasi un modo, come direbbero a Roma, di sfottere il tuo vecchio compagnuccio di sezione. Con l'interessante circostanza che la sezione era quella di New York e il compagnuccio è il gotha dell'intellighenzia americana della East cost.

Complimenti a Mamet e un suggerimento alle nostre case editrici: cosa diavolo aspettate a pubblicarlo in Italia? Promettiamo anche una recensione postuma (alla pubblicazione).

Commenti