L'idioma della Regina batte l'«americanese» di Barack Obama: secondo uno studio dell'Università di Cambridge, l'inglese che si parla nel mondo è tuttora modellato, quanto a vocaboli, su quello del Regno Unito. La ricerca condotta per 10 anni su oltre 70mila persone è la più vasta realizzata finora sui vari «dialetti» dell'inglese: i risultati suggeriscono che l'eredità dell'Impero Britannico ha avuto un ruolo chiave nel mantenere la posizione preminente del cosiddetto «British English»: una legacy confermata di recente da una casta di intoccabili in India che ha innalzato una statua alla «Dea dell'Inglese».
Bert Vaux, un professore di fonologia e morfologia a Cambridge con otto anni a Harvard nel curriculum, ha passato in rassegna una vasta banca dati di risposte internet di persone nel mondo anglofono a cui era stato chiesto di identificare alcuni oggetti di uso comune. Agli interpellati era stato chiesto anche di dare il proprio codice postale o il codice postale della località che più ha influenzato il loro modo di parlare.
Vaux ha scoperto che l'inglese parlato in Gran Bretagna, Stati Uniti, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda ha le proprie variazioni per termini comuni e che ci sono una trentina di varianti per definire, ad esempio, un sandwich: «hoagie», «sub», «hero» «poorboy» negli States, «rol» in Nuova Zelanda, «baguette» in Australia. Se piove col sole un londinese parlerà di «sun-shower», mentre a Capetown si userà l'espressione «monkey's wedding» (matrimonio di scimmia), mentre negli stati del sud degli Usa l'equivalente è «the devil's beating his wife» (il diavolo sta picchiando la moglie).
Ma mentre negli Stati Uniti ci sono spesso molte varianti legate alla geografia di un vasto paese, il resto del mondo anglofono va prevalentemente dietro all'inglese di Gran Bretagna: una tendenza che Vaux e i suoi colleghi hanno attribuito alla prevalenza del modello educativo britannico rispetto a quello americano nei paese dell'ex British Empire.
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