E gli operai scelgono il salario federalista

Ripiego la mia copia de il Giornale, con la testata bene in vista e sorrido, dedicando sguardo disteso e commiserante ai vinti. La plebe dei consueti accidiosi che abbondano nelle piazze delle regioni del centro Italia, per lo più pensionati, comunisti dell'ignoranza, ossessi da ingenue invidie. Li benedico, mentre proprio loro, archetipi di basso sentire, urlano lividi che solo gli ignoranti possono aver votato per il Cavaliere. E perché mai badare o replicare alle loro acrimonie? Non avendo essi da sessant'anni delle circonvoluzioni cerebrali bastanti per capire, come potrebbero rimediare? Infatti iniziano a litigare tra loro, disputano di Bertinotti e altre quisquilie. Neppure sospettano il mutamento epocale che questo voto invece rende evidente. Nessuna sinistra ormai può ancora vantarsi di rappresentare il lavoro: gli operai l’hanno ormai fatta sparire dal Parlamento, votando PdL e Lega. Con una loro scelta proletaria perfetta e ovvia, hanno votato chi detasserà i loro straordinari e abolirà l'Ici, invece dei Luxuria e di Vendola in posa. La presunzione acceca da sempre le sinistre davanti alle più palmari evidenze. E del resto le sue élite sono composte da piccolo borghesi, in rivalsa snob. E quegli industriali nel partito di Veltroni, quel tale Colaninno cogli occhietti alla Macario: ma chi può pensare che abbiano più cuore di un operaio che vota Pdl o Lega?
Malgrado il veltronismo montezemolato che occupa ancora i massimi giornali in Italia, la trascuri, è infatti questa la novità più potente delle elezioni. Non solo cancellano una tra le più perniciose forze operanti del male novecentesche, i comunisti, dal Parlamento; annientano pure ogni residua ideologia della classe operaia. E la territorializzano. Gli operai veneti, lombardi, e persino delle Marche, per lo più non votano a sinistra. Ma obbedendo alle loro proprie contingenze locali. Insomma si sono tremontizzati. Il che cambia tutto. E allora butta male non solo per i cigiellini furenti di Rifondazione. È tutta l'idea centralista, e nociva, del sindacato, quella residua della Terza Internazionale, che viene meno. Gli straordinari senza tasse sono soltanto l'inizio di un processo che riferirà sempre più i salari alla produttività locale. La tassonomia di come si è votato nei vari distretti industriali non lascia dubbi. Altro che gabbie salariali, anche il sistema salariale tende a parcellizzarsi, a un autogestito federalismo. E Bonanni da subito dovrà mettersi a rincorrere Rosy Mauro. Ormai troppi sindacati rappresentano solo i pensionati e gli statali, infatti gli operai veri vi sono minoranza.
Per non parlare del Pd veltronesco. Non se n'è ancora accorto. Ma, considerato che il Sud sta con chi vince, il Pd si ritrova ormai a essere una specie di Lega delle regioni del Centro. Coi propri bastioni negli Appennini, negli statali e nel contorno di stipendiati che vivono di sussidi, fondi europei, manutenzioni di patrimoni pubblici, assessorati in perenne sproloquio e spreco. Di un sottogoverno che un taglio alla spesa corrente terminerebbe, lasciandoli disoccupati tutti: dai centri sociali all'imprenditoria sussidiata. Giudicando secondo il movimento naturale delle cose, il Pd veltronesco è ammesso dalla logica a rappresentare ormai al più gli statali di Roma e le regioni rosse. E anche qui però esse hanno già da preoccuparsi, solo che analizzino il voto. In quanti comuni della Romagna e delle Marche la Lega prende più voti dei bertinottiani? Insomma la luce sta dissolvendo le tenebre: la perversione degli umili alla quale si è applicato il comunismo si sta dissolvendo. E per sempre, soltanto che il nuovo governo capisca che il voto dei lavoratori veri è diventato pragmatico e territoriale; e agisca di conseguenza. Gli errori dei sindacati hanno lo stesso destino di Bertinotti, solo che il governo agisca bene.
Per il resto, mentre così ripenso, apro e sfoglio in tutta calma i miei giornali, tra queste anime centro-italiche, educate alla spocchia incolta. Li benedico, perché la luce prima o poi li pervada. E io perdono tutti. Ma sono loro, i resti del Pci, a non perdonarsi. Solo due settimane fa il povero D'Alema denunciava l'incultura della destra: «Vede, in questi anni sono stato in giro per il mondo...

Se votassero solo quelli che leggono i giornali non ci sarebbe partita. Non parliamone se votassero solo quelli che leggono i libri...». Per l'appunto: gli operai e gli umili, spesso scarsi lettori, devono averlo sentito.
Geminello Alvi

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