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E ora il turismo nel Mar Rosso rischia un Natale nero

Latitano i Tupolev che in questa stagione scaricavano a Sharm intere legioni di diafani russi. Si vanno rarefacendo i charter in partenza dalle capitali del Nord Europa, isole comprese. E anche gli italiani cominciano a domandarsi se sia sensato, con l’aria che tira, andare a fare snorkeling e a far foto al pesce pagliaccio proprio a Sharm El Sheik o in un altro dei magnifici resort affacciati sulle sponde del Mar Rosso egiziano. Perché è vero che il Cairo è lontano, ed è anche vero che si potrebbe rinunciare alla visita guidata al Museo Egizio e alle scorribande sulle moto a quattro ruote motrici sulle sabbie del Sinai; ma insomma senza visita al Museo e con l’orecchio teso alla radio o alla tele per capire se l’incendio resta a debita distanza, che vacanza è?
Per gli operatori turistici del Mar Rosso il Natale si tinge di nero, come è già accaduto in passato. Cinzia Renzi, presidente dell’organismo che riunisce gli operatori del settore turistico (Fiavet) parlava all’inizio del mese di una diminuzione del 63% di italiani che avevano scelto quest’anno l’Egitto come meta turistica e del 41%, sempre in meno, per quelli segnatamente diretti sul Mar Rosso. Come se non fossero bastati gli attentati dei terroristi islamici, che avevano lanciato la loro fatwa al tritolo contro il turismo internazionale, qualche anno fa, quand’era ancora vivo Osama Bin Laden. Poi i singulti seguiti alla caduta di Hosni Mubarak e del suo regime. Ora, quando le acque sembrava si fossero placate e il turismo sembrava potesse tornare a prendere il largo, ecco quest’altra mazzata.
I tour operator naturalmente minimizzano. O almeno, ci provano. «È una ventata, come uno sciame sismico che segue un terremoto», dice il titolare di una delle più famose agenzie di immersioni subacquee. «Certo non ci voleva», dicono al «Coral Bay» della «Domina», il più grande e più noto dei villaggi vacanze «italiano» di Sharm El Sheik. «Soprattutto non ci voleva ora - concordano sul pontile dell’agenzia di immersioni-. Siamo a un mese dalle vacanze di Natale, e tutti ci aspettavamo di fare il pieno di clienti. Ce lo aspettavamo noi e se lo aspettavano gli egiziani che intorno all’industria del turismo hanno messo in piedi buona parte della loro economia». E invece. Invece il principale indice borsistico egiziano, l’Egx 30 ha perso ieri (dopo il 2,4 di domenica) quasi il 3% proprio a causa dei sanguinosi disordini nella capitale e in altre città del Paese. Nel frattempo, la sterlina egiziana ha raggiunto tassi di cambio che non si vedevano dai tempi della rivoluzione di gennaio che ha portato alla caduta del presidente Hosni Mubarak, con un dollaro scambiato con sei sterline. «L’Egitto ha un fortissimo rischio finanziario esterno per il prossimo anno e gli ultimi eventi politici stanno peggiorando le cose», dice Said Hirsh, economista per il Medioriente alla Capital economics di Londra. Purchè l’incendio non si propaghi.

Purchè resti confinato alle grandi città, pregano egoisticamente a Sharm e lungo la costa. Purchè la gallina del turismo, inshallah, possa continuare a deporre indisturbata il suo uovo d’oro…

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