E SE FACESSIMO LA RIFORMA DELLE PENSIONI?

L'Italia è un Paese fantastico: nel bel mezzo di una tempesta finanziaria senza precedenti invece di occuparci delle pareti della casa ci si snerva in furiose discussioni sul colore del tappetino in bagno, sprecando energie e idee degne di miglior causa per provvedimenti irrilevanti sul piano finanziario, quando le circostanze suggerirebbero azioni più drastiche. Sarebbe forse il caso di smetterla con i giochetti e di considerare le parti grasse della spesa statale, quelle che potrebbero veramente fare la differenza. Facciamo un esempio: quasi il 40% della spesa corrente statale è dato da due sole voci: pensioni e interessi passivi sul debito, per un totale vicino ai 150 miliardi annui. La cifra è talmente iperbolica che una differenza minima porta oscillazioni enormi nelle disponibilità di bilancio, tant'è vero che il capriccio di voler abolire lo scalone pensionistico per comperarsi i voti di qualche senatore nella scorsa legislatura è costato circa dieci miliardi. Per capirci, se invece di consentire a pochi lavoratori (peraltro regolarmente occupati e retribuiti) di andare in pensione prima degli altri, quella cifra fosse stata messa nella «social card», che costa 450 milioni, la capacità di spesa della tessera blu sarebbe di quasi 900 euro al mese! A questo punto, tenuto ben presente che in circostanze normali non sarebbe consigliabile riformare le pensioni, in quanto materia delicata e che non dovrebbe essere oggetto di continui ritocchi, l'eccezionalità del momento imporrebbe di prendere il coraggio a due mani e decidere due cose molto semplici: la convergenza accelerata della nostra età pensionabile verso la media europea e il contestuale, progressivo allineamento delle età pensionabili maschili e femminili. Le risorse che si libererebbero sarebbero tanto consistenti da rendere le nostre finanze molto più credibili, ottenendo così persino un miglioramento nei tassi passivi che paghiamo sul debito, già peraltro in calo grazie anche all'ulteriore taglio dei tassi deciso ieri dalla Bce. L'Italia dà il meglio di sé quando è sotto pressione, per questo le crisi possono e devono essere viste anche come un'opportunità. È possibile riqualificare in modo serio il nostro bilancio, magari anche agendo grazie al federalismo fiscale sulle altre due delle quattro megavoci di spesa, vale a dire l'impiego statale e i trasferimenti alle Regioni, ma senza prescindere dal nodo dell'età pensionabile.

In passato la spesa pensionistica è stata sempre lo strumento perfetto di consenso, perché il beneficio immediato veniva messo sul conto delle generazioni successive (non votanti); adesso che ulteriori trasferimenti non sono possibili né auspicabili, la consapevolezza che non possiamo più concederci il lusso della minore età pensionabile d’Europa dovrebbe portarci a scelte precise. Rimandare non serve a nessuno. posta@claudioborghi.com

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