E il sindacato fa la lista di proscrizione dei negozianti ebrei

Roma, la Flaica Uniti Club vuole diffondere la lista dei negozi dei negozi della comunità. "Una protesta per Gaza". L'immagine che viene alla mente è quella della Notte dei Cristalli nella Germania nazista

E il sindacato fa la lista di proscrizione dei negozianti ebrei

La storia forse non si ripete, ma il mostro non è mai morto e oggi riappare sotto forma di invito a boicottare non i prodotti israeliani, badate, ma i negozi dei cittadini italiani dal nome ebraico. Il preannuncio di un pogrom, un’azione diretta contro chi è ebreo. Ho letto un profluvio di dichiarazioni sacrosante di condanna, ma ancora non una sola riga sulle attese iniziative della Procura della Repubblica di Roma, città in cui si sta consumando il seguente crimine: un piccolo sindacato (ottomila aderenti) che si chiama Flaica-uniti-Cub, di estrema sinistra, ha dichiarato di voler diffondere un elenco di italiani ebrei che abbiano un’attività commerciale, affinché siano boicottati. L’immagine che viene alla mente a tutte le persone perbene e con una memoria è quella di Berlino e delle altre città tedesche devastate nel novembre del 1938 quando le vetrine dei negozi dei tedeschi ebrei vennero infrante dai tedeschi «ariani» in quella che fu poi chiamata la notte dei cristalli.
Noi certamente non avremo un pogrom, anche perché se una tale disgrazia dovesse accadere certamente i cittadini, fra cui chi scrive, prenderebbero non metaforicamente le armi, e quindi non avremo una notte dei cristalli. Ma avremo - abbiamo - le giornate della vergogna e della nausea. E ciò che ci fa più orrore, e che provoca maggiormente nausea, non è tanto il comunicato dei nazicomunisti del Flaica-uniti-Cub, ma il modo in cui La Repubblica, unico quotidiano italiano, ha dato la notizia con un breve testo neutro, impassibile e dunque complice, che vogliamo riprodurre come documento per la bacheca della memoria. Ecco che cosa scrive La Repubblica: sotto un titolo anodino («Roma, un sindacato fa liste di boicottaggio “Non andate nei negozi di ebrei”)». «Liste di negozi da boicottare perché i loro proprietari sono ebrei. Le ha stilate un sindacato autonomo romano del settore del commercio, il Flaica-uniti-Cub, che ha circa 8.000 iscritti, e che intende protestare in questo modo contro l’attacco a Gaza e a favore dei palestinesi. Il sindacato, già promotore di un boicottaggio dei prodotti made in Israel, nei prossimi giorni indirà volantinaggi davanti ai centri commerciali per indicare quali sono le strade i cui negozi sono in maggioranza proprietà di ebrei, e quindi da non frequentare». In quel «intende protestare in questo modo contro l’attacco a Gaza e a favore dei palestinesi» è la chiave di lettura della complicità: ci sono molti modi di protestare «contro l’attacco a Gaza» e questi sindacalisti creativi hanno scelto, pensate quanta sbrigliata fantasia, di boicottare i negozi italiani di cittadini italiani di religione ebraica.
Ci auguriamo, per l’onore della professione giornalistica, che qualcuno chieda scusa. Naturalmente, e ne riferiamo in sede di cronaca, una quantità di dichiarazioni politiche bipartisan ha sommerso questo annuncio in un mare di condanne, senza se e senza ma, che tuttavia non potranno mai lavare l’onta che la città di Roma, la città della razzia nazifascista del Ghetto del 16 ottobre del 1943, ricordata in un celebre libro di Giacomo De Benedetti, subisce a causa di un gruppo di mascalzoni in libera uscita. Abbiamo letto della durissima condanna del sindaco Alemanno che ha ricordato il clima con cui il fascismo introdusse le infami leggi razziali del 1938, e ne siamo compiaciuti. Abbiamo letto le sbalordite parole del presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici il quale ha giustamente ricordato che iniziative imbecilli e sciagurate come questa hanno una precisa origine nella selezione parziale e manipolata, nonché tessuta di falsità nei confronti di Israele delle immagini e dei servizi televisivi. Pacifici ha avuto una reazione responsabile, calma e sdrammatizzata dichiarando che la comunità ebraica vuole contribuire alla distensione fra forze politiche, compreso il mondo islamico. Seguono le condanne del forzista romano Sammarco che ricorda la notte dei cristalli in Germania e di D’Amato del Partito democratico che svergogna gli autori dell’iniziativa, come anche tutti gli esponenti della politica cittadina della capitale.
Noi giornalisti chiamiamo l’elenco delle reazioni e delle dichiarazioni politiche con un vecchio termine, «pastone», e ci rendiamo conto che si potrebbe andare avanti per pagine con il pastone delle condanne nette e senza margini di ambiguità. E questo è bene. Ma la prontezza e la durezza delle reazioni purtroppo non mette al riparo l’intero Paese dal fenomeno dell’antisemitismo mascherato sotto l’ipocrita etichetta di «antisionismo».
Ho sotto gli occhi, appena ricevuto mentre scrivo questa nota, un filmato in cui si vedono i terroristi di Hamas a Gaza che acciuffano per la collottola i bambini palestinesi nascosti dalle mamme e li trascinano come bestie all’aperto, sui possibili obiettivi militari dell’operazione israeliana, e cioè le rampe di razzi, i camion da cui partono i missili. Per costoro ogni bambino morto è carne da fotografia e da filmato, buono per la campagna mondiale contro Israele di cui sono ingordi consumatori i telegiornali italiani, senza significative differenze. Ciò riconduce alle sagge parole del presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, quando dice che condannare l’atto sconsiderato del minuscolo sindacato nazicomunista va bene, ma che il vero problema è quello dell’informazione sostanzialmente antisemita che fa largo uso delle immagini vere, finte, d’archivio, di altre guerre, di incidenti accaduti nei campi palestinesi (i cadaveri dell’esplosione di un camion di munizioni spacciati per vittime dell’aviazione israeliana) con la scusa di presentare Israele - l’aggredito - come aggressore.

E questa sacrosanta osservazione riconduce di nuovo alle responsabilità dello stesso giornalismo che trova normale, o al massimo una curiosità da liquidare come una «breve», la notizia di un pogrom per ora soltanto commerciale, fornendo nomi e cognomi di italiani colpevoli di essere ebrei, su cui scaricare l’odio alimentato dal giornalismo falsario che in questi giorni inonda gli schermi televisivi.

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