Gianni Pennacchi
da Roma
Lintervista di Piero Fassino che frena ancora sul ritiro dei nostri soldati dallIrak e lattacco al convoglio italiano di Nassirya riaccendono le polemiche ravvivando le divisioni nel centrosinistra. Per fortuna la mina di Nassirya non ha fatto vittime, e in verità quel che ha dichiarato il segretario della Quercia non si discosta poi molto da quanto va ripetendo insieme a Francesco Rutelli. Anzi, si potrebbe ormai dire che il «dibattito» è superato dalla stessa posizione governativa: ancora ieri a Washington, Silvio Berlusconi ha ribadito che il nostro ritiro dallIrak «si concluderà entro la fine di questanno». Ma evidentemente i nervi son scoperti nellUnione, e dunque le liti interne tornano a ribollire nelle pentole più usuali e sicure, sfornando come sempre piatti per gatto e volpe. Il gioco è abusato, ma a sinistra piace. Tantè che Fassino e Rutelli sembrano far gli atlantisti per vellicare i moderati, comunisti e verdi tuonano per accontentare no global e irriducibili, Romano Prodi pesca nel barile, tutti sperando di prendere voti, tanto a fissare il termine per la missione in Irak ha già provveduto Berlusconi.
Un gioco delle parti, sostanzialmente. E come Fassino sè sperticato a promettere pure carabinieri e fiamme gialle in Irak scavalcando addirittura il centrodestra, Prodi insiste con la nebbia. E, dopo avere ironizzato sul viaggio americano di Berlusconi («Io penso che sia un party daddio che Bush organizza per il suo amico»), ecco infatti, come ha commentato ieri dopo lesplosione di Nassirya: «Credo che la situazione, che ogni giorno si deteriora sempre di più, dia ragione alle tesi che da tempo sosteniamo, conferma la nostra linea e la rende ancora più evidente». Ma qual è questa linea, ritiro subito entro giugno, entro dicembre o quando? Il leader verde Alfonso Pecoraro Scanio tuona che «serve un cambiamento di strategia», le truppe italiane «devono lasciare lIrak», anzi il loro rientro «è sempre più urgente e con la vittoria dellUnione inizierà il giorno dopo le elezioni, rispettando i tempi tecnici». A parte che il rientro scaglionato è già iniziato da tempo, ma quali sono i «tempi tecnici»?.
Meno ambiguo è il rifondarolo Claudio Grassi, che chiede a Prodi di «smentire» Fassino e le sue proposte «di gravità inaudita»; se lUnione «vince, il ritiro deve essere immediato come ha fatto Zapatero», rivendica Grassi. Ancor più deciso e minaccioso risuona Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, che vedendo in questa esplosione «un motivo in più per portar via i nostri soldati quanto prima», avverte: «Io sto a quello che c'è scritto nel programa, che è chiarissimo. Dopodiché, se vinte le elezioni ci fosse qualcuno che chiede di non ritirare le truppe, lui se ne assume la responabilità. Ma ho visto che anche Mastella è per il ritiro immediato, spero che su questo Fassino non sia più a destra di Mastella». LUdeur zapaterista? In verità Mastella ha fatto ribadire da Mauro Fabris la posizione di sempre: «DallIrak bisogna andare via, concordando ovviamente l'uscita dal pantano iracheno assieme al governo iracheno e ai nostri alleati». Fra «tempi tecnici», accordo coi «nostri alleati» e con gli iracheni, non ci si ritrova entro la fine dellanno stabilita dal premier in carica?
Ma cè quell«immediato», invocato da Prc e Pdci. Non è soltanto Diliberto, anche Fausto Bertinotti va ripetendo che il «ritiro immediato» sta scritto nel programma, «in modo chiaro e incontrovertibile».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.