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E Veltroni il tacchino disse: «Ci arrendiamo»

E Veltroni il tacchino disse: «Ci arrendiamo»

Compagni, cittadini, elettori: i perfidi yankee hanno colpito ancora. Oggi il Giornale, miracolosamente entrato in possesso del blocco notes autografo di Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini, con gli appunti della loro prossima inchiesta (già bella e pronta per La Repubblica), è in grado di rivelare i clamorosi retroscena del complotto ordito da una nota multinazionale statunitense ai danni del migliore dei nostri uomini, l’unico vero campione della sinistra italiana: il sindaco di Roma Walter Veltroni.
L’antefatto è ormai noto anche ai sassi: a lungo corteggiato dalla Walt Disney company (e nessuno di noi ha dimenticato le mille voci sulle pericolose simpatie destrorse del padre di Topolino) «il nostro» Walt - sempre troppo buono! - si è fatto allettare e persuadere da un’offerta apparentemente filantropica: doppiare (a scopo di beneficenza) un personaggio del prossimo film di Natale della Disney, Chicken Little. Quale? Un’alta carica istituzionale del comune di Querce Ghiandose: Rino Tacchino, sindaco del luogo dove vive il simpatico pennuto dagli occhiali verdi. Sembrava un ruolo rappresentativo e degno: il copione, letto e visionato per tempo da una commissione bilaterale Campidoglio-Disneyland costituita all’uopo, era a prova di bomba. L’uomo chiave della trattativa? Il presidente di Buonavista Italia (il braccio distributivo della corporation) Paul Zonderland. Tutto sembrava perfetto, e simpaticamente coincidente con l’approssimarsi della campagna elettorale capitolina: un ruolo di prestigio, un film da venti milioni di euro di incasso, migliaia di giovani romani sedotti, già in culla, dal carisma della sinistra di governo. Perfetto. L’anteprima di ieri, al cinema Adriano era partita in modo promettente: palloncini colorati bianchi e blu che nemmeno alle convention kennedyane, majorettes, pupazzi, e lui Walt, che sale sul palco raccontando la sua esperienza disneyana con il consueto piglio autoironico: «In tutto mi ha richiesto un’ora di lavoro, a fine luglio, tra mezzogiorno e l’una». Pausa, battuta: «Per noi doppiatori è facile...». Applauso, risate, platea in visibilio. Altra gag: «Sì, lo so, è solo una piccola parte... Ma speriamo di crescere». Nuovo boato.
L’uomo che ha tessuto la trama, «l’agente Zonderland» (americano quarantenne alto e giulivo) sale sul palco esibendo una prova di reato: un gigantesco assegno (formato bandiera) esatta riproduzione di quello girato dal sindaco all’Associazione Italiana persone Down. Bimbi in visibilio, un pargolo chiede: «Chi è quel signore che parla, mami?». E lei, ridendo: «Rino Tacchino». Mentre un plotone di fotografi lo immortala domandiamo indiscreti al sindaco se non tema killeraggi a sorpresa di Silvio Paperone Berlusconi. Rino Tacchino Veltroni risponde con un sorriso inossidabile dei suoi: «Dare un aiuto con un sola ora di lavoro. Lei al posto mio lo avrebbe fatto?». Certamente, rispondiamo granitici. E lui: «Ecco, anch’io». E le eventuali critiche? Sorriso: «Chi se ne ne frega. Con tutte le cose che faccio, non mi preoccupo di questa». Buio in sala: il piccolo Chicken compare sullo schermo. Dopo una buona mezz’ora ecco pappagorgia e piume, il sindaco Rino Tacchino in persona: subito ci accorgiamo che qualcosa non va. Rino è in tribuna allo stadio, mentre il piccolo è in campo. Un tirapiedi vestito da Blues brothers gli gira dei cartelli con quello che deve dire. Ma scherziamo? Walter che si fa imbeccare? Siamo già sconvolti, ma non è finita. Il tirapiedi, mentre l’eroe è fischiato dalle masse, consiglia a Rino Tacchino: Assecondare il tifo. Rino, incredibilmente si piega (Veltroni non l’avrebbe fatto mai!).
Altra scena: Chicken Little prova a convincere i suoi concittadini che sono sotto la minaccia degli Ufo. E il sindaco? Si distrae, guarda per terra e grida: «Oh, un soldino!». Il protagonista implora: «Credetemi!». Rino Tacchino non se lo fila: «A parte il soldino la serata è stata un disastro!». Assistiamo turbati e gettiamo un occhio agli appunti degli zero-zero-sette di La Repubblica. A quel punto il dubbio si fa certezza, la trama è chiara: il copione originale è stato manipolato dall’ala bushista della Disney, in combutta con qualche spione del pentagono, pur di colpire il sindaco di Roma. L’impeccabile uomo del controspionaggio veltroniano, Walter Verini, stavolta è stato depistato.
Il film prosegue: ritmo incalzante, splendide trovate, musiche suggestive. Si arriva alla nuova battuta di Rino Tacchino. Gli alieni hanno invaso il comune di Querce Ghiandose, più pericolosi di un manipolo di forzisti. Il sindaco si precipita davanti ad uno dei mostri tentacolari. Per difendere i suoi concittadini, forse? Macché, Per gridare un inglorioso: «Ci arrendiamo!». Segue trattativa al ribasso: «Volete le chiavi della città?». Quelli le smaterializzano. «Volete le chiavi della mia macchina?». Vaporizzate. «Volete una tic tac?». Li disintegrano (sia il pacchetto di caramelle che lui). Ma stiamo scherzando? Assegnare proprio a Rino l’unico ruolo inglorioso di tutto il film? A fine serata Walter (Veltroni) sfila imperturbabile, e si mostra entusiasta: «Visto? Una forza».

Il Giornale - invece - non intende lasciarlo invendicato: chi ha taroccato il copione di Rino Tacchino? Urge commissione di inchiesta.
Luca Telese

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