Massimo Malpica
«A un tratto ebbi limpressione che tutti volessero abbandonarmi e allontanarsi da me». Lansia del «Sognatore» protagonista delle Notti bianche di Dostoevskij calza a pennello allaltro protagonista di unaltra Notte bianca: Walter Veltroni. Il sindaco dirama trionfali proclami, ma il coro di violini, intorno, è meno compatto: qualcuno sè accorto della dimensione minimale di un evento di massa che di culturale ha solo la facciata. La prima voce fuori dal coro è spuntata lunedì su quellUnità della quale proprio Veltroni è stato direttore, sotto forma di un sarcastico corsivo di Francesco Piccolo, tra gli sceneggiatori del Caimano. Allo scrittore, la «spasmodica, compulsiva, irrefrenabile» ricerca di «un evento culturale di cui cibarsi» da parte della folla, appare «eccessiva, sfinente, per molti versi insopportabile». La stessa Notte bianca, trasformata da «sogno impossibile» a cosa «realizzata e riuscitissima», diventa «alla fine difficile da tollerare». Il veleno è nella coda. Piccolo racconta di aver sognato di vivere «in una Roma diversa, guidata da un sindaco incazzato e un po fascista che quando sente la parola cultura se la ride», che chiude i cinema e trasforma in mattatoi le varie case della letteratura e del jazz. «Mi sono svegliato bene», conclude la firma dellUnità: «Nel sogno, io quel sindaco non lavevo votato, ma avevo votato il suo avversario: colto, intelligente e con tante buone idee. Ma, grazie a Dio, avevamo perso».
Se Piccolo «sogna» un sindaco diverso malgrado la patente progressista, altri siluri si dirigono sul Campidoglio. Ieri sul Messaggero una bocciatura della Notte bianca è arrivata da un intellettuale di punta come Goffredo Fofi. «Lultima Notte bianca veltroniana - scrive - aveva poco da offrire, anche se basta ormai a convincere i romani linvito a non andare a letto e a ritrovarsi in massa per le vie della città (...). Levento è questo, la grande camminata notturna senza scopo, perché in realtà gli eventi decenti che popolavano questattesissimo appuntamento erano pochi». Quello che secondo il primo cittadino è «il più grande evento culturale italiano» per Fofi è qualcosa in cui «restano solo gli utenti che accettano con entusiasmo di mettere in mostra se stessi insieme al loro sindaco», «essi vagano nella Notte bianca senza scopo e senza direzione. In una notte grigia, né bianca né nera, senza luna e senza stelle, luogo di un rito senza dei e senza misteri, e per fortuna, per ora, senza sacrifici». Per Veltroni, veder degradata la sua creatura da «più grande evento» a «celebrazione del nulla e del vuoto» (ancora Fofi) è un colpo inaspettato, così come la circostanza che a gridare «il re è nudo» non sia stata lopposizione, capace anzi di complimentarsi con il sindaco, ma due esponenti di quella cultura di sinistra che è il terreno nel quale il primo cittadino ha costruito e consolidato il suo consenso, tentando pure di spacciare la maxi-sagra come evento «alto». Ma ora qualcuno si chiama fuori.
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