Politica

Ebrei schierati per il voto, musulmani divisi

Adel Smith alle urne, Mario Scialoja non partecipa

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Come votano, se votano, le altre confessioni religiose?
Ieri i rappresentanti delle comunità ebraiche hanno lanciato un appello a partecipare al referendum. Il presidente dell’Unione comunità ebraiche italiane, Amos Luzzatto, voterà quattro sì. Ma non ci sono indicazioni ufficiali: in assenza di un’autorità dottrinale come nella Chiesa cattolica, il dibattito è articolato. Generale favore per la fecondazione omologa, più dubbi su quella eterologa perché non consente un chiaro riconoscimento della paternità. Il diritto all’integrità fisica e psichica della madre prevale su quello dell’embrione, considerato essere umano solo quaranta giorni dopo il concepimento. Tutelata la libertà di ricerca, di cui il popolo ebraico è sempre stato convinto assertore, lecita quella sugli embrioni congelati. Non si vede nei referendum il rischio di degenerazioni nell’eugenetica.
Anche l’islam non ha un magistero unico e riconosciuto. Il presidente dell’Unione musulmani d’Italia, Adel Smith, invita ad andare a votare quattro sì; fautore dell’astensione è il presidente della Lega musulmana d’Italia, Mario Scialoja, che sostiene l’eguaglianza delle indicazioni cristiane e islamiche su questi temi.
Per il Corano lo spirito è dato all’embrione il centoventesimo giorno. Prima di allora la sharia non riconosce all’embrione lo status di persona. Nonostante ciò, nel mondo musulmano l’aborto è visto con sfavore, salvo deroghe per motivi terapeutici (scelta tra vita del feto e vita della donna).
Anche nei Paesi islamici si sta diffondendo la procreazione assistita. In Egitto la prima bambina è nata in vitro nel 1987. Oggi ci sono 22 centri specialistici, dei quali 15 al Cairo. Nel 1980, l’Università islamica di Al Azhar si pronunciò per la liceità della procreazione assistita a condizione che fosse eseguita da personale esperto, che non prevedesse l’utilizzo di gameti provenienti da un donatore esterno alla coppia sposata (in tal caso c’è il reato di adulterio) e che la gravidanza non fosse portata avanti nell’utero di un’altra donna.
La posizione delle Chiese protestanti e ortodosse risale al documento «Natura e statuto dell’embrione umano», elaborato nel 1996 da un gruppo di lavoro congiunto. Rispetto alla Chiesa cattolica, il dibattito morale è caratterizzato da una fiducia minore nella «legge naturale» come fondamento etico. Prevale quindi l’ammissibilità di ricerche sull’embrione, ma non mancano posizioni vicine a quelle cattoliche: molti patriarchi ortodossi assimilano l’embrione a una persona, con conseguente tutela assoluta.
I Testimoni di Geova (430mila fedeli) decideranno «in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia». Molti si asterranno. I 150mila cristiani evangelici si affidano all’autonomia individuale e della coppia, i 35mila valdesi sono orientati al sì. La piccola comunità luterana (7mila fedeli) non prende una posizione ufficiale, ma rifiuta «i dogmi e i veti sulla ricerca scientifica».

I buddisti (60mila, meno della metà con diritto di voto) puntano sulla «saggezza dei fedeli».

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