Mentre il Congresso americano approvava il piano di salvataggio straordinario da 700 miliardi di dollari, le cancellerie di Francia, Italia, Germania e Regno Unito erano alla ricerca di una posizione comune da ufficializzare al termine del vertice di oggi pomeriggio a Parigi.
L’idea del G4 rischia di avere un impatto ridotto rispetto alle intenzioni originali di Nicolas Sarkozy. Nessun fondo di salvataggio, anche se aiuti ai singoli settori in crisi potrebbero essere presi in esame e sottoposti alla Commissione Ue. Ci dovrebbe essere comunque un maggior coordinamento nelle regole contabili e di trasparenza del settore finanziario europeo. Intorno a questa ipotesi si lavora. Difficile che si arrivi ad una dichiarazione comune sul possibile «rilassamento» di alcuni parametri di Maastricht. È dubbia, ma ancora non impossibile, la consacrazione plastica del nuovo gruppo a quattro, con una conferenza stampa congiunta.
Il vertice di Parigi ha comunque un forte peso politico. Il senso dell’urgenza dettato dalla crisi finanziaria permette di rompere ufficialmente il direttorio a tre che negli ultimi anni ha caratterizzato l’Europa. Dal vertice di Londra del 2001 ai quattro meeting di Berlino del 2004, il motore franco-tedesco ha perso colpi rispetto a soli pochi anni fa. «Tra Sarkò e la Merkel - dicono fonti vicine all’Eliseo - non c’è quella chimica che c’era tra Schroeder e Chirac o tra Mitterrand e Kohl. Il condominio franco-tedesco è terminato». L’Italia, in questo senso, assume dunque un ruolo chiave. La scusa formale nell’invito parigino di oggi resta il fatto che i quattro appartengono tutti al G8. Ma è evidente come la «sponda latina» rappresenti per Sarkò un’opportunità per sganciarsi dal «condominio» con Berlino. Solo recentemente almeno tre grandi questioni economiche lo hanno fortemente irrigidito: i mancati aiuti al consorzio franco-tedesco Airbus (Eads), l’intransigenza «alla tedesca» di Trichet nell’abbassare i tassi di interesse della Banca centrale europea e infine la rigidità, sempre tedesca, nell’ostacolare un rilassamento dei parametri di Maastricht sul tetto al 3 per cento del deficit pubblico.
L’incontro di Parigi ha però anche un terreno condiviso. A tutti appare chiaro come la soluzione della crisi finanziaria non possa essere affrontata in modo unilaterale. Non ci si può permettere un altro caso Irlanda. Il Paese che per proteggere le sue sei banche ha impegnato il doppio del proprio Pil per fornire una garanzia totale su tutte le attività finanziarie (non solo i depositi bancari) detenute dai risparmiatori. Con ciò alimentando un flusso di capitali stranieri alla ricerca di un porto sicuro. Inoltre è evidente alla presidenza francese come l’Europa, benché meno colpita, sia paralizzata, mentre dall’altra parte dell'Oceano è stato creato il fondo sovrano più importante del mondo, dotato di 700 miliardi di dollari e scarsissimi controlli. La questione, anche se per un altro settore, l’ha posta ieri a Parigi anche il numero uno della Fiat, Sergio Marchionne. «Non mi piacciono i favoritismi. Visto quello che è successo negli Usa penso che sia assolutamente necessario che la Commissione Ue offra uguali condizioni alle case europee riferendosi ai 25 miliardi di dollari che verranno stanziati dal Congresso Usa a favore del settore auto. Su questo terreno i Quattro di Parigi sembrano più vicini. La necessità di un fronte comune sarà dunque il leit motiv dell’incontro di oggi.
«Nulla di ciò che eventualmente dovesse essere deciso domani - ci diceva ieri una fonte ministeriale francese - potrà avere effetto concreto immediato. È però vero che se i quattro grandi dell’Europa dovessero decidere un set comune di regole da applicare alla vigilanza bancaria e all’implementazione delle norme di Basilea 2, non ci potrebbe essere una grande opposizione da parte dei restanti partner europei.
Nicola Porro
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