Tony Damascelli
nostro inviato a Cesana
Se non ci fossero gli Scamozzon non ci sarebbero quelli del bob. Inutile controllare sullelenco degli atleti iscritti ai Giochi invernali. Non si troverebbe traccia del cognome di cui sopra. Ma Alessandro e Roberto Scamozzon sono i figli di Adriano, e dal padre, ormai scomparso, hanno ereditato la fabbrica di plastica a Marostica, la Plastex sport. Orbene qui da quasi quarantanni con la vetroresina si fanno le carene dei bob, a due e a quattro, qui in cambio di due o tre mila euro si può incominciare a sognare una corsa nel ghiaccio a centotrenta allora. Il made in Italy? Eccolo sfornato, in una ditta senza segretarie e fumi spettacolari.
Ci vivono e ci lavorano in tre, i due Scamozzon e Fischer che è il solo operaio, viene dal Bangladesh, terra, come si sa, molto nota per i bobbisti. Parla Alessandro: «Tre persone bastano e avanzano per garantire il prodotto». Per arrivare al quale è necessaria una sola settimana di lavoro: «Ma quando è il momento della resina si chiude la porta e per due ore nessuno può entrare, chiamare, disturbare altrimenti va tutto a ramengo».
Una settimana di lavoro, dieci, quindici bob allanno, solo la carenatura, trentatré chilogrammi di peso totale, divisi tra il muso, nove chili, e la parte posteriore, ventiquattro chili. Poi a Cortina aggiungono telaio, pattini fino a raggiungere i centoottanta chilogrammi con diecimila euro, minimo, di spesa aggiuntiva. Quello che oggi ha la fabbrica a Cortina, il signor Podar, fu il primo cliente di Scamozzon. Quarantanni orsono si presentò a Marostica da Adriano padre che lavorava in una ditta di sci e propose laffare. Adriano abbandonò gli sci, anche perché il titolare della fabbrica non era interessato alla resina e al vetro, e si mise in proprio. Passati quarantanni i figli continuano la storia, non limitandosi ai bob, ovviamente, aprendo anche ai componenti di furgoni, automobili e simili per un fatturato che sfiora i duecentomila euro annuali.
Da Marostica sono passati Monti e Siorpaes e poi tutti gli altri di casa nostra, contemporanei compresi. Ma non soltanto. Gli Scamozzon fanno slittare polacchi e lettoni, cechi e giapponesi, lituani e rumeni e anche i principini di Montecarlo, Alberto e amici.
Tra una settimana Alessandro e Roberto si presenteranno a Cesana Pariol per fare i tifo e verificare se Fischer ha lavorato bene e se la porta della fabbrica, in quelle due ore famose, è rimasta chiusa: «Adesso lavoriamo su altri articoli. Il tempo per le carene dei bob è lestate. Poi hanno bisogno di due, tre anni di test, in Europa e nel resto del Mondo, prima di scendere in gara. Non sono mica giocattoli da pronti via. Lo sa che né mio padre, né io, né mio fratello siamo mai saliti su un bob?». Meglio così, se quelli che fabbricano armi dovessero anche per forza sparare sarebbe un guaio.
Comunque a Torino, Giochi di Inverno, dopo test e prove ufficiali, si va finalmente di bob, cioè di quello sport che fa venire in mente il luna park e le macchine scontro, di quella disciplina che vorremmo tutti provare ma non a centotrenta allora, possibilmente con il freno a mano già tirato prima della partenza, magari su un rettilineo non in discesa.
La pista di Cesana Pariol è lunga un chilometro e mezzo, mille quattrocentotrentacinque metri, ottantacinque in più di quella di Cortina, con una pendenza media del 9,2 per cento contro il 16 per cento della cortinese. Nevica, tira vento e la nebbia ogni tanto avvolge tutto come un tulle.
Qui serve gente temeraria e bizzarra, gli americani, per esempio, presentano, tra gli altri, addirittura un ingegnere meccanico e astronomo (Curt Tomazevicz).
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