Che un partito di sinistra elegga in Parlamento una donna lesbica attivamente impegnata nella difesa dei diritti degli omosessuali rientra senz’altro nella normalità, e anzi sarebbe curioso il contrario. Altrettanto normale è che questa deputata, da tempo fidanzata con una donna tedesca, scelga di usufruire delle leggi tedesche per garantire quella tutela dei propri diritti che le leggi italiane ancora non consentono. Ma il «matrimonio» di Anna Paola Concia e Ricarda Trautmann (che in realtà è un’unione civile) è naturalmente anche una notizia, un fatto pubblico: come ci hanno insegnato le femministe, del resto, il privato è politico. E lo è tanto di più, quanto più ha a che fare con il riconoscimento (o la negazione) di alcuni diritti «privati».
È dunque comprensibile che Concia e Trautmann abbiano reso pubbliche le foto della loro cerimonia privata, ed è altrettanto comprensibile che Avvenire, il quotidiano dei vescovi, veda polemicamente in questa scelta l’intenzione di innescare una «straordinaria macchina del consenso» diretta a legalizzare anche in Italia le unioni civili. In tutti i Paesi del mondo i gay fanno propaganda per i loro diritti e i vescovi cattolici difendono la famiglia «naturale», cioè eterosessuale: è normale che sia così anche da noi.
Quel che invece è molto poco normale è il silenzio del Pd, il partito di Paola Concia. Nessun dirigente, parlamentare, assessore o portaborse del Partito democratico ha ritenuto opportuno spendere una parola per replicare ad Avvenire e difendere il diritto di chiunque a farsi fotografare al proprio matrimonio, nonché il diritto più generale degli omosessuali italiani alle unioni civili (seppur nella forma piuttosto blanda dei Dico, morti insieme all’ultimo governo di centrosinistra e mai più resuscitati). Niente. Un silenzio assordante. E vergognosamente intriso d’ipocrisia.
L’imbarazzo con cui il Pd ha vissuto e vive la questione omosessuale (forse perché figlio di un doppio puritanesimo comunista e cattolico) è diventato palpabile e macroscopico con il «caso Concia». Che non sarebbe affatto un «caso», se il Pd fosse un partito normale. E invece Rosi Bindi (giusto per fare un esempio), dopo aver ricevuto le partecipazioni ha allargato le braccia e ha chiesto: «Ma cosa si dice in questi casi?». In questi casi, onorevole Bindi, si fanno gli auguri, come per qualsiasi altra coppia. Quanto a Bersani, fa un certo effetto scoprire che neppure s’è ricordato di mandare non dico un regalo, ma almeno un telegramma alla sua deputata. Da non dimenticare, infine, il silenzio tombale di Nichi Vendola.
Alla cerimonia di Francoforte, venerdì scorso, i politici presenti erano pochi, per esplicito desiderio della coppia. E tra gli invitati, soltanto Veltroni non ha potuto partecipare: ma la sua assenza è ampiamente giustificata (è stato l’ex leader del Pd a portare Paola Concia alla Camera).
Non per questo, però, i dirigenti e i parlamentari del Pd possono far finta di niente, tanto più quando quel «matrimonio», come del resto era ampiamente prevedibile, ha aperto un dibattito più generale.
Le unioni civili fra persone dello stesso sesso esistono in molti Paesi occidentali e sono oggetto di dibattito pubblico in molti altri, e nessuno si scandalizza.
Che Avvenire abbia riaperto la discussione in Italia è dunque una buona notizia, e lo è soprattutto per chi difende i diritti degli omosessuali, perché ogni battaglia per i diritti civili è prima di tutto una battaglia di fronte all’opinione pubblica.
Ma la battaglia bisogna combatterla, quantomeno per rispetto di se stessi: e invece il Pd ha nascosto la testa sotto la sabbia, lasciando a Vanity Fair (che aveva pubblicato in esclusiva, gratuitamente, le foto della cerimonia) il compito di rispondere ad Avvenire (querelato dalla Concia) quasi si trattasse di un problema editoriale. Che vergogna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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