Matteo CarnielettoLa vita di Danilo Pagliaro può essere divisa in due parti: prima e dopo il suo ingresso nella Legione straniera. Una «vocazione adulta», la sua. Recentemente ha scritto Mai avere paura. Vita di un legionario non pentito. Un libro che non parla di guerra. O meglio: ne parla in maniera accidentale, perché per un militare la guerra fa parte del mestiere. Mai avere paura è un inno d'amore alla Legione straniera. A 36 anni Danilo cercava un nuovo lavoro e, assieme alla sua prima moglie, si trasferisce in Francia, dove conosce la Legione. Che è ancora la sua casa dopo 20 anni. Poi cosa è successo? «Ho scoperto che una base della Legione si trovava vicino a casa mia e, così, sono andato a una commemorazione della battaglia di Camerone. In quell'occasione mi sono reso conto che tutte le cose che avrei voluto fare nella vita erano davanti a me. Ho trovato la possibilità, a 36 anni, quindi tardissimo, di entrare nella Legione».Come ha influito sulla sua vita? «Me l'ha cambiata. Non solo praticamente (la Legione ti dà anche tante garanzie), ma anche a livello di avventure. Come si entra nella Legione? Ai miei tempi ci si presentava e c'era una prima visita molto sommaria per verificare le condizioni di salute del candidato. Poi si entrava in caserma. Ciò che importava allora e che importa ancora oggi è essere sani e solidi». Quindi non bisogna esser «super uomini»... «Assolutamente no. Lo ripeto: bisogna essere sani e solidi. Sia fisicamente che psicologicamente. Spesso, però, scherzando dico anche che per arruolarsi da noi non bisogna avere tutte le rotelle a posto. Per me essere psicologicamente solidi significa avere la forza di reagire. Non puoi essere uno che dice che ha freddo e poi non fa nulla per scaldarsi. In Legione bisogna non voler subire. E tutto questo è ironico perché da noi c'è una disciplina ferrea». Cosa cambia quando si entra in Legione? «Una volta che sei entrato nella Legione incontri amici e camerati che diventano la tua famiglia e che non vuoi deludere. Bisogna fare un esercizio. Loro ce la fanno e tu no. Ma devi riprovarci perché loro si aspettano che anche tu ce la faccia. Perché anche tu, come loro, hai fame e freddo e sei stanco». Ma allora perché è così difficile restare nella Legione? «Perché i ragazzi di oggi non sono come quelli di ieri. Abbiamo generazioni che non hanno coraggio. Hanno la mamma che dà tutto, il motorino, l'auto, la Play Station e tutte le comodità. Non sanno cosa sia la vita vera. Ma non c'è solo del negativo in queste generazioni: hanno bei principi. La Patria e l'onore per esempio. Fanno solo fatica a restare in Legione perché la sveglia è alle 6, devono fare le corvée negli spazi comuni e fare sport con qualsiasi clima. In Legione puoi avere qualsiasi grado, ma ogni mattina devi andare a correre. Il difficile, lo ripeto, non è arruolarsi, ma restarci».Quali sono i valori dei legionari? «Quando mi sono arruolato prendevo un terzo in meno dello stipendio minimo garantito in Francia. Non c'erano soldi e rimanevamo sempre in caserma. Eravamo una vera e propria famiglia. Oggi un legionario prende di più, può uscire, ma il senso di cameratismo è rimasto. Famiglia e cameratismo, questi sono i valori più importanti della Legione. I valori di base della nostra società si stanno sgretolando. Io ho avuto la fortuna di ritrovarli nella Legione». Nel suo libro alcune pagine sono dedicate alle difficoltà con i legionari musulmani. Perché? «Perché c'è un'islamizzazione galoppante in tutto l'Occidente e, quindi, anche in Francia e nella Legione. Quando in mensa c'è un piatto con il maiale, per esempio, ce n'è pure uno senza. Prima le cose non erano così. Si è cominciato con il maiale, poi con il ramadan e infine con legionari musulmani che non vogliono più andare a combattere contro i loro fratelli».Nonostante i cambiamenti, cosa augura alla Legione del futuro? «Ne abbiamo passate tante. Dopo la guerra in Algeria, la Legione è ripartita da zero, adattando il suo modo di fare e il suo modo di essere. Oggi come ieri, la Legione si adatterà e uscirà dai problemi ancora più forte. A ottobre scorso è stato invitato dalla Folgore per commemorare la battaglia di El Alamein. Cosa pensa dei parà italiani? «Sono splendidi.
Quei ragazzi mi hanno emozionato fino alle lacrime e li ringrazio ancora per avermi dato la possibilità di conoscere la parte migliore d'Italia. Il nostro Paese ha ancora una speranza fino a quando ci saranno questi uomini disposti a morire per quel benedetto tricolore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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