nostro inviato a Treviso
Loro non parlano, non si fanno raggiungere, non ne vogliono sapere di giornalisti o altro. Anche se formalmente non hanno infranto alcuna legge italiana, preferiscono evitare la pubblicità. Sono poligami. Immigrati musulmani che hanno due mogli e pretendono di tenerlo nascosto. Vivono in provincia di Treviso, terra ricca di lavoro per chi emigra, dove si sono stabiliti novantamila stranieri. Hanno una certa età, sono sulla sessantina, si sono sposati in patria. E quando hanno deciso di venire in Italia a cercare fortuna, hanno dovuto scegliere. Non potevano portarsi appresso entrambe le mogli. Ma è stata soltanto una questione di tempo.
Sono partiti con una delle due, l'altra è rimasta a casa. Pazienza ed espedienti hanno fatto il resto. I ricongiungimenti sono avvenuti, più o meno felicemente. La loro, però, è una vita da clandestini; un manto di riservatezza copre lesistenza di questi uomini, delle loro donne, dei figli, dei nipotini. Non è pudore, in parte è paura delle chiacchiere di paese, timore di essere additati. Ma è soprattutto l'atteggiamento del padre-padrone, di chi si sente in diritto di disporre delle esistenze altrui. E l'umanissima «rivolta delle mogli» ha rotto questa coltre di silenzio.
Sono storie di marocchini raccontate ieri dal «Gazzettino». Storie simili, di magrebini arrivati parecchi anni fa in Italia, gente che ha lavorato, uno addirittura è titolare di una piccola impresa di pulizie. E proprio grazie alla sua azienda è riuscito a ricostituire l'affollato nucleo familiare. Lo chiameremo Ahmed, ha passato i 55 anni. Si era sposato, ha avuto due figli che sono diventati grandi in Italia. I viaggi con il Marocco erano frequenti. Ha conosciuto un'altra donna, giovane e bella, ha deciso di sposarla. Ha stipulato il contratto di matrimonio nel suo Paese natale davanti a un notaio: non era ancora entrata in vigore la legge del 2003 che richiede il consenso della prima moglie per le seconde nozze.
Ma Ahmed non poteva fare ritorno con lei nella località dove vive, quasi al confine tra le province di Treviso e di Pordenone. Ha allora deciso di aggirare l'ostacolo assumendo la donna nella sua impresa. La sua posizione è stata regolarizzata non come moglie, ma come dipendente. La giovane ha potuto venire in Italia e abitare nella casa del marito, con la sua prima moglie, sotto lo stesso tetto. Sono nati altri figli. E la convivenza ha preso una piega difficile, che in Marocco sarebbe stata agevolmente regolata secondo le ferree leggi del patriarcato. In Occidente però non funziona così. Le mogli hanno cominciato a litigare, a mostrare gelosie, a difendere ciascuna i propri figli e anche i nipotini, visto che Ahmed nel frattempo è diventato nonno. Le tensioni hanno valicato i confini della casa-harem circolando in paese. Ma nessuno riesce a intervenire.
L'altra storia è quella di Mustafà, anch'egli sui 60 anni, marocchino, trevigiano di adozione, con due consorti e tanti bambini. Nel paese d'origine vivevano tutti assieme, ma quando il capofamiglia decise di tentare la sorte in Italia non poté trasferire l'intero clan. Scelse la seconda moglie, la più giovane, quella che aveva i figli più piccoli e maggiormente bisognosi di assistenza. La prima è rimasta in Marocco con il resto della prole, quattro ragazzi che appena l'età glielo ha consentito sono corsi in Italia, a Treviso, a cercare lavoro dove l'aveva già trovato il padre. Sono stati loro, una volta regolarizzati, a ottenere il ricongiungimento con la mamma che il papà non poteva chiedere. E l'harem di Mustafà è stato ricomposto.
Le donne però non andavano proprio d'accordo, vivevano separate da tempo e non hanno accettato di riprendere la convivenza. Così Mustafà ha affittato un appartamento non lontano dal suo dove ha piazzato la prima moglie e i figli maggiori, avviando un «ménage» fatto di andirivieni tra le due donne e le due case. I soldi non sono un problema: i ragazzi lavorano tutti, si mantengono, pagano l'affitto e ora pensano di acquistare un alloggio più grande. Le due mogli si sono messe il cuore in pace. Hanno accettato il destino di condividere lo stesso uomo anche in Italia.
Rachida Touma, mediatrice culturale marocchina che da vent'anni vive e lavora a Treviso, ritiene che il fenomeno della poligamia coinvolga una ridotta minoranza dei musulmani immigrati: «Anche in Marocco i matrimoni multipli sono sempre più rari, oggi la vita costa cara, non ci si accontenta più di vivere con poco e gli uomini si fanno bastare una moglie».
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