Ecco lo spiffero che dà fastidio a Mourinho

Succede quello che succede ovunque, si dice, ma qui esce tutto, anche di più. E picchiare qui non è mai stato difficile, specie se la squadra funziona, anche quando non ci sono nastri o immagini, perché, si dice, ci sono testimonianze di prima mano e poi conferme. Una volta è colpa del presidente troppo buono, un’altra è l’allenatore, poi è la volta dei non convocati, dell’ufficio stampa, del custode, dei tifosi, il pizzaiolo, la polizia: il grande complotto. Come Mancini che quella notte avrebbe detto: «Mi dimetto per colpa vostra, siete voi che siete stati eliminati dal Liverpool, non scordatevelo». La voce si era sparsa subito, prima ancora che il Mancio lo annunciasse in diretta tv e a Moratti. Il fatto curioso era che per spiegare il tutto uscì anche la storia del braccialetto del Mancio. Lo aveva perso durante un allenamento e costrinse tutti a cercarlo sul prato, tutti tranne Branca e allora il Mancio fa: che ca... fa quello, non lo cerca?
Peccato che l’episodio si riferiva a quando i due giocavano nella Samp. Segreto fino a quando si sono nuovamente incontrati all’Inter, allora ha preso significato un episodio insignificante: ecco perché i rapporti fra i due sono logori. E poi le dimissioni le diede anche Osvaldo Bagnoli nello spogliatoio di Appiano con la squadra addirittura in silenzio stampa, eppure qualcuno si vantò di averlo fatto recedere. Episodio che divenne subito verità divina tanto che la domenica successiva uscì un drappo al secondo anello: «Liberaci dalle tue ansie», scrisse la Nord all’Osvaldo. E sempre la curva fu protagonista di cori poco edificanti verso la squadra dopo una notte di festeggiamenti non esattamente casti ai tempi di Marco Tardelli. La più divertente fu la storia di Gigi Di Biagio e Cristian Vieri che lasciano Appiano perché nelle stanze faceva troppo caldo. Uscirono a notte tarda, venne messa sotto accusa la caldaia, titoloni, ma tutti dicevano di conoscere dove erano stati Gigi e Bobone. Era come se fossero stati in macchina con loro. E su Vieri ognuno si sentiva in diritto di raccontare a ruota libera: sai, l’hanno trovato all’alba spalmato contro un cassonetto della nettezza urbana, era in moto, un dirigente dell’Inter è andato a prenderlo e ha chiesto di non spargere in giro la voce, e non è la prima volta... Bene, poi magari succede che José Mourinho faccia uno shampoo di quaranta minuti la mattina dopo Atalanta-Inter: mi avevano dato due versioni, una dice che siete i più forti del mondo, non c’è bisogno di rinforzi, tutti in crescita individuale e collettiva, vi confermerete per la quarta volta campioni, l’altra che avete vinto uno scudetto a tavolino, il secondo perché non c’erano avversari, il terzo nell’ultima mezz’ora: a Bergamo volevate dimostrarmi che la seconda versione sia quella buona?
Vista così assume un altro significato o no? Peccato sia un’ipotesi, una seconda versione, come le due date a Mourinho.
Non è una colpa del giornalista se ha una notizia e la scrive, e neppure se ha buoni rapporti all’interno della squadra o della società, sono il capo primo. Solo che qui viene raccontato molto seriamente, con i particolari e tutti pensano: ah, ma allora...
Perché poi quando quel giocatore non parte titolare, esce che Bagnoli non è neppure riconoscente: pensa... era uno di quelli che lo aveva convinto a restare. E Gigi e Bobo quella notte non erano andati a trovare le loro mamme, e allora ecco perché il Branca non gli prende i giocatori al Mancio... Ma Moratti lo sa?
L’ultima storia ha riportato a galla Mancini e gli amici di Mancini, lui che vuole tornare all’Inter, e le sue vedove che minano Appiano, con i nomi naturalmente. E poi si sente: un’altra squadra avrebbe convocato subito la stampa per smentire tutto altrimenti stop alle interviste e stop ai cancelli del centro. Così non è stato, è l’Inter, e a qualcuno magari piace anche per questo. Adesso José fa partire le querele, lui ha detto che non ha mai pronunciato quelle frasi, è lo spiffero che lo rende furioso, come la storia del 4-1-4-1 o di Santon terzino sinistro. Ieri sera, in un’intervista tv a Espn, Mourinho ha ribadito che non lascerà correre: «Non c’è nessuno più di me che difende i giocatori: io li difendo fino alla morte. E questa storia finirà in tribunale». E poi ha aggiunto: «Io sono all’Inter perché sono felice di esserci.

Se un giorno questa cosa dovesse cambiare, farò altre valutazioni, così come ho fatto col Chelsea». L’Inter non ha fatto una riga di comunicato, come se non fosse successo niente: ma alla fine poi cosa sarebbe successo?

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