di Stefano B. Galli
All'esame del testo sul processo breve, alla Camera, gli esponenti del Pd hanno preso la parola a rotazione per leggere gli articoli della Costituzione. Il primo è stato il capogruppo Dario Franceschini che ha dato lettura dell'articolo 1, quello che definisce l'Italia una Repubblica fondata sul lavoro e che attribuisce al popolo l'esercizio della sovranità. Guarda caso, proprio quel popolo che, nel momento in cui esercita la propria sovranità attraverso il voto, da qualche decennio decreta sonore sconfitte proprio alle mutevoli e variegate coalizioni del centrosinistra.
In rapida successione sono poi intervenuti - tra gli altri - tutti i principali esponenti del Pd, da Bersani a Letta, dalla Bindi a D'Alema, da Fassino a Veltroni. L'assunto di fondo è il seguente: poiché con la prescrizione breve si calpestano lo Stato di diritto e la Costituzione repubblicana è giusto ricorrere a una sorta di orazione civile parlamentare, leggendo alcuni articoli della carta fondamentale, con tanta ignominia calpestata.
Massimo D'Alema ha letto gli articoli relativi ai poteri del capo dello Stato, sottolineando la prerogativa del presidente della Repubblica di sciogliere le Camere. Pier Luigi Bersani ha citato l'articolo 2, quello dei diritti inviolabili dell'uomo; articolo di ispirazione liberale e giusnaturalista, poiché i diritti dell'uomo sono naturali, cioè prepolitici poiché non sono un prodotto dell'azione dello Stato.
Enrico Letta ha fatto proprio il dettato dell'articolo 16 sulla cittadinanza. Rosy Bindi ha letto il 3, quello dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e Beppe Fioroni il 24 sulla tutela dei propri diritti. Fassino ha letto l'articolo 67, quello dell'assenza del vincolo di mandato per il parlamentare, che rappresenta l'interesse generale della nazione. Marina Sereni s'è appellata all'articolo successivo, il 68, relativo alla tutela funzionale del ruolo del parlamentare. Mentre Veltroni ha letto il 27 sulla personalità della responsabilità penale e sul fatto che nessun imputato è colpevole sino a condanna definitiva.
La scelta degli articoli letti - francamente - suscita qualche perplessità. Per quale motivo, infatti, il capo dello Stato dovrebbe sciogliere le Camere, in questo momento? Perché invocare i diritti - prepolitici, inalienabili e sacri - dell'uomo? Forse perché la libertà e la proprietà privata sono seriamente pregiudicate? È interessante sottolineare come il Pd si faccia interprete della tutela della proprietà privata, sino a pochi anni fa un diritto da negare. Ribadire il principio di laicità dello Stato significa censurare le ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella sfera della politica? È paradossale che l'evocazione della figura di Beccaria - nascosta dietro l'articolo 27 - suoni come una specie di censura nei confronti di una parte della magistratura, proprio quella che ideologizza l'interpretazione della legge.
Suona strano come taluni articoli della Carta costituzionale come quello sulla libertà d'impresa oppure quello sulla libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni personali non siano rientrati nei sessanta articoli selezionati dai deputati del Pd per la loro orazione civile. Che la sinistra, smarrita la bussola ideologica all'indomani della caduta del Muro di Berlino, si sia arroccata sulla Costituzione è un dato di fatto. La Carta rappresenta l'unico risultato positivo - per effetto della logica compromissoria che caratterizzò i lavori della Costituente - al quale appellarsi per recuperare almeno il fantasma di un'identità politica. Franceschini, del resto, aveva giurato sulla Costituzione sotto le mura del Castello di Ferrara, qualche tempo fa. Ma qui siamo ben oltre.
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